Attilio Fontana e i fondamenti della politica

Antonio Gurrado

Chi governa, cento mille o dieci milioni di persone, lo fa partendo dal presupposto di essere in grado di difendere la vita di chi viene governato. Una considerazione, da Hobbes al "governatore mascherato"

Due premesse e una considerazione. La prima premessa è che in questo frangente dobbiamo stringerci attorno alle istituzioni e fare ciò che ci dicono; caso mai se ne discuterà dopo, a emergenza finita. La seconda premessa è che la parziale limitazione delle nostre libertà, cui siamo temporaneamente sottoposti, non ha nulla di dittatoriale, anche se incombono gli anni Venti e magari qualcuno sarà suggestionato.

 

Una comunità democratica ha a cuore la vita dei cittadini e dev’essere pronta a tutto pur di salvaguardarla; una dittatura si fonda invece proprio sul contrario, il sottinteso che la vita dei cittadini non conti nulla.

 

Detto questo, ecco la considerazione. Attilio Fontana, il governatore mascherato, ha ammesso di trovarsi in una situazione più grande di lui, dichiarando che “un conto è impegnarsi per il benessere dei cittadini, ben altro dover difendere la vita di dieci milioni di persone”.

 

Ora, un fondamento della politica – da Hobbes e Locke in poi – è che gli uomini si danno un governo proprio affinché venga difeso il loro diritto alla vita. Ciò implica che chi si candida a governare, cento mille o dieci milioni di persone, lo faccia partendo dal presupposto di essere in grado di difendere la vita di chi viene governato. Se voto, se votiamo affinché qualcuno ci governi, lo facciamo proprio perché costui saprà come salvarci e proteggerci nel momento di difficoltà imprevista, in cui noi non sappiamo che fare. A gestire tranquilli il nostro benessere eravamo bravi già da soli, io e gli altri dieci milioni di lombardi.

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