Vergognarsi dell'alta velocità

Gli italiani devono avere un rapporto strano con i treni se per celebrare i primi dieci anni delle Frecce c'è stato bisogno di usare le parole "tempo infinito"

Antonio Gurrado

Che strano rapporto hanno gli italiani coi treni. Ci sono quelli che protestano contro l’alta velocità sabotandola, e vabbé. Ci sono quelli che pretendono che l’alta velocità fermi in tutte le stazioni, e pazienza. Poi c’è lo spot che celebra il decennale dell’alta velocità in cui, a parte un fugace riferimento iniziale ai trecento chilometri orari, è tutto un parlare di magia, di desideri, di innamorati, di treni che irrompono (metaforicamente, si spera) nelle camerette dei bambini. Come a dire che agli italiani non preme prendere il treno per andar veloce, manco se ne vergognassero; preme piuttosto emozionarsi, sognare, innamorarsi, tutte cose che si possono benissimo fare su un treno lento o senza treni affatto. Al punto che, tutt’a un tratto, lo spot diventa una moviola e, sull’immagine rallentata, la voce narrante spiega che “un momento diventa lo spazio di un tempo infinito”. Non so bene cosa significhi perché non sono molto versato in fisica quantistica; tuttavia deduco che gli italiani abbiano davvero uno strano rapporto con l’alta velocità se, per pubblicizzare e celebrare questo straordinario mezzo di trasporto, c’è bisogno delle parole “tempo infinito”.

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