Cristiani cinesi alla messa di Natale a Pechino (foto LaPresse)

Natale in Italia o Natale in Cina?

Antonio Gurrado

Riflessioni sulla decisione del governo cinese di emendare e migliorare, con una versione ufficiale di stato, passi del vangelo e principii del cristianesimo

Natale in Italia o Natale in Cina? Purtroppo non sono Giulia Pompili, quindi non sono in grado di spiegare accuratamente motivi e circostanze della decisione del governo cinese di emendare e migliorare, con una versione ufficiale di stato, passi del vangelo e principii del cristianesimo. Da filosofo ignorante, tuttavia, colgo un paio di faccende marginali. La prima è che il governo cinese opera questa correzione del cristianesimo con l'intenzione di renderlo più confacente alla nazione. Significa che il cristianesimo così com'è non è adatto ai cinesi? O, più verosimilmente, che tentare di rendere il cristianesimo coerente con l'identità di una nazione è una maniera più o meno gentile di snaturarlo, di piegare un messaggio eterno e universale all'opportunismo del qui e ora? La seconda è che l'eccessiva volenterosità del governo cinese dipende da due presupposti: il partito è più importante di Dio e lo stato è ateo, quindi può imporre condizioni alla pratica religiosa. Significa che è un'ambizione esclusiva delle dittature di stampo marxista più o meno degenere? Oppure che qualsiasi politico che pretenda di fare lezione di teologia a sacerdoti e fedeli, stabilendo balzane ortodossie a furor di popolo, sta segretamente esprimendo la superiorità del proprio partito su Dio, sta faticosamente cercando di confessare che sotto la sua religiosità plateale cova un solido ateismo?

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