Parlateci di Vimercate

Antonio Gurrado

Dalle sediate in testa a una professoressa al logo contro la violenza sulle donne. La tentazione di vedere contrappassi dove non ci sono è forte

Parliamo di Vimercate, invece. Secondo i giornali una scuola del comune brianzolo si è riscattata perché un anno fa un alunno aveva preso a sediate una docente, mentre oggi il logo disegnato dagli studenti è stato scelto dalla Regione Lombardia per una campagna contro la violenza sulle donne. La tentazione di vedere contrappassi dove non ci sono è forte, radicata nel nostro animo di emuli di Dante facili ai giudizi universali. Non bisogna tuttavia sorvolare su alcuni dettagli. Anzitutto la scuola di Vimercate non aveva nessun bisogno di riscattarsi in quanto l’utilizzo della sedia come arma impropria non era stato compiuto né dall’astratta istituzione scolastica né da tutti i suoi studenti simultaneamente, bensì da uno specifico individuo da inchiodare alle proprie responsabilità (come poi è successo, dato che la giustizia minorile ha fatto il suo corso). Poi la meritoria iniziativa della Regione e la progettazione del logo non riparano un bel niente in quanto dubito che il fromboliere di sedie avesse agito in nome del genere maschile contro il genere femminile; a voler interpretare, è più probabile che stesse selvaticamente esprimendo dissenso verso l’autorità o manifestando scarso rispetto nei suoi confronti (o magari, ma non si può dire, trovando concreto sfogo all’imbecillità). Infine, per quanto ammirevole sia stata la vittoria nel concorso, un logo su un manifesto non lava via la violenza: perché purtroppo fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, e la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni (nonché di campagne per la sensibilizzazione).

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