Vladimir Putin (foto LaPresse)

L'Italia a tutti ma non agli italiani. Ecco il nostro patriottismo

Antonio Gurrado

Le strade di Roma ripulite in fretta e furia per la visita di Putin. Un gesto che può essere interpretato come nostalgia della dominazione straniera

Mara Carfagna ha avanzato una considerazione sagace a margine delle strade di Roma (alcune) ripulite in occasione della visita di Putin: visto che al mondo ci sono centonovantasei nazioni, ha detto grossomodo, invitiamo un capo di Stato ogni due giorni e siamo a posto. Dietro il (temporaneo) ritorno di parte di Roma alla civiltà si cela, tuttavia, un sentimento nazionale che non è soltanto smania di far bella figura quando passa lo straniero. È, credo, piuttosto un istinto radicatosi nei secoli e stratificatosi all’alternarsi delle sorti politiche continentali, quando la nostra penisola era terra di conquista: la solerzia con cui, dinanzi a chi governa altre nazioni, ci affanniamo a rimediare alle mancanze cui siamo abituati mentre siamo fra noi può essere interpretata come nostalgia della dominazione straniera, quando da terre ostili sfondavano il confine italico sbrigativi sistematori di cose: Attila, Arrigo VII, Carlo V, Maria Teresa d’Austria, Napoleone… Si tratta forse del nostro sentimento più patriottico, questo rimpianto dei tempi in cui l’Italia non era ancora stata abbandonata nelle mani degli italiani.

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