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Maturità in busta

Antonio Gurrado

Arriva la prova orale col sorteggio: monologhetti per gli studenti, niente domande per i professori

I nove studenti su dieci che - secondo un rapsodico sondaggio su Skuola.net - si dicono spaventati dalle buste sorteggiate all'inizio degli orali di maturità sono in realtà spaventati da se stessi, visto che l'estrazione lascia loro agio di procedere connettendo a quello spunto iniziale gli argomenti che più ritengono opportuni, di fatto interrogandosi da soli. Se si trovano impreparati, è colpa delle domande che si sono posti mentre i professori assistono pressoché impotenti al monologhetto. Di questa tanto attesa e pittoresca novità dell'esame di stato si è fatto gran parlare insistendo sul fattore della sorte, declinato positivamente in garanzia di trasparenza dalle fonti ministeriali o negativamente in ordalia nei mormorii degli studenti; si è però tralasciato un dettaglio che, ammetto, emerge solo una volta che la formula viene un po' rodata.

 

 

Alla fin fine, funziona. Non perché tuteli gli studenti dal terrore dell'interrogazione, come dimostra la statistica di cui sopra, né perché castri le velleità sadiche dei docenti, che si vedono privati di uno strumento di lavoro fondamentale quale il punto interrogativo. Semplicemente perché gli studenti, a differenza degli insegnanti, hanno fresco lo studio di tutte le materie che, per quanto incompleto o approssimativo, consente loro di mettere insieme collegamenti fra discipline che possono sfuggire agli sforzi intellettivi dei prof. Talvolta sono arditi, talvolta insensati, ma talvolta saranno calzanti oltre ogni aspettativa. Sorprendere chi insegna è il privilegio di chi impara e a questa luce bisogna forse interpretare le famigerate buste: non servono agli studenti, servono ai professori per restare giovani o, quanto meno, per non addormentarsi a metà mattinata.

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