Liberté di Albert Serra ci dice che troppa libertà è antierotica

Ora che l’individuo si proclama sciolto dal condizionamento della morale privata o pubblica, ecco che a sorpresa ci travolge un’ondata di puritanesimo bigotto

Antonio Gurrado

Pare che le scene di sesso estremo siano girate tutte al buio, così che sia difficile stabilire chi stia facendo cosa a chi. È chiarissima invece la scelta di Albert Serra, che ha intitolato “Liberté” il film presentato al festival di Cannes anche se non parla di politica ma di tre giovani che decidono di attuare le fantasie descritte da Sade. C’è una fondamentale differenza fra quei tempi e i nostri: sotto Luigi XVI il piacere era prezioso in quanto vigevano costrizioni sociali ed etiche oggi desuete. Un Mirabeau – che come pornografo non aveva nulla da invidiare a Sade (nel 1780 s’incontrarono in galera: finì a insulti) – racconta che per poter gioire liberamente dei propri amanti le signorine aspettavano il matrimonio, benché con qualcun altro. I Casanova, i Don Giovanni e le loro degne emule e complici si districavano fra vincoli opprimenti: i legami familiari, le gerarchie sociali e le condizioni economiche spesso proibitive. Ora che questi vincoli sono caduti in disuso, ora che l’individuo si proclama sciolto dal condizionamento della morale privata o pubblica, ecco che a sorpresa ci travolge un’ondata di puritanesimo bigotto che farebbe ridere i nostri antenati settecenteschi. Il film di Albert Serra sul sesso s’intitola così per ammonirci che troppa libertà è decisamente antierotica.

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