L'equivoco su Brian di Nazareth dei Monty Python quarant'anni dopo

Parte della fama del film è dovuta all’accanimento della censura. La pellicola fu proibita in varie nazioni fra cui l’Italia: eppure più che uno scandalo fu un malinteso

Antonio Gurrado

Esce oggi in Inghilterra un’edizione speciale di “Brian di Nazareth”, per il quarantennale del film più celebre dei Monty Python. Parte di tanta fama è dovuta all’accanimento della censura, che proibì il film in varie nazioni fra cui l’Italia: era il 1978 e più che uno scandalo fu un malinteso. Il film venne tacciato di blasfemia nonostante vertesse su un coetaneo di Gesù, distinguibile non solo per il nome differente ma anche perché Gesù compare sullo sfondo del film, impegnato a tenere il Discorso della Montagna mentre Brian lo ascolta di sfuggita. La trama segue quest’ultimo mentre un gruppetto di entusiasti si convince che sia il Messia e gli procura una serie di guai che lo porteranno a venire crocifisso insieme a criminali, sediziosi o innocenti sfortunati. Anche in questo nulla di grave, visto che i falsi Messia sovrabbondavano e che la crocifissione, come dimostrano i due ladroni, era pena capitale usitata.

 

Adesso siamo assuefatti al ricorso alla blasfemia per giustificare la mediocrità artistica con un sedicente spirito iconoclasta (abbondano esempi a teatro o nelle mostre d’avanguardia) e può sorprenderci scoprire che venne censurato un film innocente, che deride tutt’al più i difetti di pronuncia, l’insegnamento del latino e le scissioni a sinistra. Se non che deride soprattutto l’ottusità delle masse e il popolo, pronto a chiudere un occhio su ogni uso improprio artistico delle figure sante, non perdona mai la blasfemia peggiore: quella che colpisce il suo orgoglio.

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