Libro o serie tv? L'insensato dilemma davanti al Nome della rosa

Antonio Gurrado

Suggerire di lasciar perdere la fiction e di rileggere il romanzo è come consigliare di smettere di mangiare sushi e mettersi a studiare il giapponese

Delle critiche che si possono muovere a Il Nome della Rosa di Rai1, la meno sensata è quella che esorta a lasciar perdere la serie tv e rileggere il romanzo. O, peggio, a leggerlo per la prima volta. Anzitutto si tratta di un paralogismo degno di tutte le questioni morali che si muovono su piani sghembi, rilevando sempre che qualsiasi cosa si faccia bisognerebbe fare ben altro. “Basta guardare la tv, leggete il libro” è una proposizione intrinsecamente assurda tanto quanto “Disdite l’abbonamento a Sky e iniziate a fare sport” oppure “Smettete di mangiare sushi e mettetevi a studiare il giapponese”. Inoltre chi ragiona così non riconosce che leggere un libro e guardare la tv siano due attività distinte foriere di due piaceri distinti ma sottintende una gerarchia per cui leggere un libro è un piacere migliore di guardare la tv anche se, evidentemente, guardare la tv causa un diffuso piacere maggiore rispetto a leggere un libro: altrimenti non si capirebbe perché stasera sei milioni di italiani si sintonizzeranno su Rai1 anziché assalire le biblioteche. E, da ultimo, chi compara la visione della serie alla lettura del romanzo, pur propendendo per quest’ultimo, non rende un gran favore alla dignità del libro in quanto presuppone che entrambi i prodotti abbiano lo stesso scopo, comunicare una trama e rivelare come va a finire, e che una forma sia preferibile all’altra solo perché più edificante. Invece è tutto il contrario: la superiorità del romanzo può derivare solo dal fatto che è stato letto da chi non ha visto la serie e, soprattutto, dal fatto che molti fra i telespettatori non lo leggeranno mai.    

Di più su questi argomenti: