Foto tratta dal profilo Facebook di Valentina Nappi

La facile provocazione di Valentina Nappi sull'aborto obbligatorio

Antonio Gurrado

La modesta proposta avanzata dalla pornostar per l’aborto obbligatorio per chi non potrà mantenere suo figlio non è altro che l’estremizzazione di un pensiero ipocritamente taciuto ma largamente condiviso

Riesco ancora a distinguere Valentina Nappi da un, che so, Diego Fusaro quindi so che le sue esternazioni vanno prese per ciò che sono, performance (non scevre di una loro coerenza estetica) volte a risvegliare le coscienze ma soprattutto a dar sui nervi a coloro che la pornostar presume compongano i ranghi del bigottismo ostile. In tale contesto interpreterei la sua ultima provocazione di cui si fa gran parlare, la modesta proposta dell’aborto obbligatorio per chi non potrà mantenere suo figlio.

 

Se non che, misurata sul metro della provocazione fine a sé stessa, una boutade del genere rischia di ricavare ben magra figura. Non è infatti che l’estremizzazione e l’esplicitazione di un pensiero ipocritamente taciuto ma largamente condiviso dalle masse più codine di italiani: la convinzione che i figli siano un costo destinato solo a chi se lo può permettere e che, in soldoni, l’impresa non valga la spesa. Un po’ pochino, era più dirompente mezza tetta di Cicciolina a Montecitorio oppure Moana Pozzi ospite a Buona Domenica; troppo comodo fare scandalo andando sul sicuro.

 

In questo settore il benchmark è stato stabilito nel 1729 con la “Modesta proposta per prevenire”, in cui Jonathan Swift proponeva che i poveri, altroché, dovevano far figli allo scopo di garantirsi lunghi anni di sopravvivenza mangiandoli. Certo, era satira, ceffone ai benpensanti, performance atta a risvegliare le coscienze. Ma è un po’ triste pensare che oggi una pornostar sia meno provocatoria di un prete irlandese di trecento anni fa.

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