foto tratta dal profilo Twitter di Matteo Salvini

Il pericolo di delegare l'interpretazione della politica ai social network

Antonio Gurrado

La tendenza di sempre più politici a dimostrarsi identici a coloro i quali devono governare e il problema di alcune scorciatoie giornalistiche

Fa specie, e se ne dibatte sui giornali, che i politici reclamino su internet autorità disintermediata, incardinando la fiducia che il popolo dovrebbe riporre in loro nell’essere identici a chi devono governare, non superiori.

Il video della candidata Elizabeth Warren, girato fra il patio e la cucina, è solo l’ultimo eclatante caso di una moda che ha ben due controindicazioni: la tendenza-Salvini, per cui a ogni momento un politico in cerca di credibilità si riterrà in dovere di testimoniare che mangia cibi in scatola proprio come noi, guarda la partita proprio come noi, fa la cacca proprio come noi; e la tendenza-Kim Jong-un, per cui un politico che cerchi credibilità dotandosi di abito formale e severa biblioteca rischia di essere frainteso per epigono del dittatore nordcoreano. 

 

  

Ciò di cui non si parla mai, tuttavia, è l’humus in cui prospera questa moda: consiste nella scorciatoia giornalistica di delegare l’interpretazione della politica ai moti d’animo collettivi che circolano sui social.

 

Ultimo esempio, la foto di Nancy Pelosi che incede sorridente e spietata nei pressi del Campidoglio è diventata subito materiale per meme, hashtag, battutine salaci con la muffa ironia seriale di Twitter e dintorni da cui trarre auspici su come si annuncia la nuova legislatura. Dando tanta rilevanza alla reazione cazzona dell’indistinta moltitudine del web, e garantendo visibilità alla trovata del quidam di turno cui si accodano schiere di gregari, si finisce per illudere ogni singolo utente di contare davvero qualcosa nell’arte del governo. Ovvio che poi i politici, per dimostrarsi all’altezza dei propri elettori, debbano ritrarsi in spiaggia o fra i monti, in cucina o a letto o in bagno, dovunque si possa fingere di non contare niente.

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