Foto Pixabay

Un nuovo battesimo per chi cambia sesso

Antonio Gurrado

La chiesa anglicana ha diramato indicazioni per la celebrazione di un rito specifico per consentire ai transgender di venire chiamati col nome della nuova identità che hanno assunto

Altro problema teologico mica da ridere, nonché conforme allo Zeitgeist: bisogna ribattezzare i ribattezzati? La chiesa anglicana ha infatti diramato indicazioni per la celebrazione di un rito specifico, che ricalca il battesimo, onde consentire ai transgender di venire chiamati col nome della nuova identità che hanno assunto. L’argomentazione alla base è che il battesimo è il sacramento che consente a Dio di conoscere i propri fedeli per nome uno a uno, quindi in caso di cambio di nome occorre un rito di aggiornamento. Ciò però ridurrebbe il cambio di genere a mera questione anagrafica e, teoricamente, imporrebbe un secondo battesimo a chiunque cambiasse nome per qualsiasi altra ragione. Era una proposta in discussione da anni e finora era prevalsa l’argomentazione contraria, secondo cui il battesimo serve a chiamare per nome i fedeli davanti a Dio, non a imporre loro un nome; si dice insomma “Antonio, io ti battezzo” e non “Io ti battezzo Antonio”. In tal caso, il nuovo rito battesimale risulta ridondante in quanto, pur cambiando nome, la persona da battezzare è la medesima. Ciò però sminuirebbe il travaglio di chi, cambiando genere, cambia anche identità e non solo le sillabe con cui viene chiamato. È una disputa che avrebbe appassionato gli scolastici medievali, peccato siano morti troppo presto. Ne avrebbero tratto materiale per dimostrare che dinanzi a Dio, al netto di tutti i nomi e le identità e i generi che possiamo sforzarci di cambiare, continua a esistere immutata l’unica cosa che gli interessi davvero: l’anima. 

Di più su questi argomenti: