Andersen fa paura, meglio Frozen

Antonio Gurrado

Un asilo di Bologna vuole organizzare uno spettacolo di burattini. Ma la fiaba della regina delle nevi è troppo “cruenta” e i bambini restano senza marionette

C’era una volta un troll che, per mera malvagità, creò uno specchio capace di rovinare tutto ciò che vi si rifletteva e poi lo mandò in frantumi. C’era una volta un bambino buono, nel cui occhio si conficcò una scheggia dello specchio, rendendolo cattivo. C’era una volta la regina delle nevi, rintanata in un palazzo di ghiaccio dopo una delusione d’amore, che rapì il bambino così che una bambina buona si mise alla sua ricerca anche se era diventato cattivo. C’era una volta questa fiaba che va avanti per un bel pezzo poiché è una fra le più lunghe e complesse di Andersen, tanto da essere suddivisa in sette parti. C’era una volta anche l’asilo di Monterenzio, provincia di Bologna, che per Natale volle allestire uno spettacolo di burattini. C’era una volta il Burattinificio Mangiafoco di via Saragozza che, contattato, propose la fiaba della regina delle nevi; allora le maestre domandarono se fosse tratta da “Frozen”. C’era di nuovo lo stesso Burattinificio che, con la santa pazienza, spiegò trattarsi di una fiaba di Andersen; allora le maestre la reputarono troppo cruenta quindi richiesero di trasformare il troll in un mago e di far conficcare la scheggia in un dito anziché nell’occhio. C’erano infatti anche i genitori degli alunni dell’asilo, che temevano che i loro figli si spaventassero per la fiaba e restassero traumatizzati in eterno; il Burattinificio rispose però che la fiaba era quella e che, se non la volevano così, pace. C’erano dunque i bambini dell’asilo di Monterenzio che rimasero senza spettacolo di burattini. C’era infine la bambina buona che raggiunse in capo al mondo il bambino rapito e, col suo atto di amore gratuito, sciolse i ghiacci e fece scivolare la scheggia via dall’occhio, rendendolo buono di nuovo. E c’era una volta la libertà d’insegnamento, che era una cosa seria ma stavolta è stata invocata dalle maestre dell’asilo per dare un nome nobile alla paura dei genitori, alla sottostima del cuore dei bambini e al fatto che, sotto sotto, ad Andersen preferissero “Frozen”.    

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