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Quello che Grillo non dice (o non sa) sui greci e il sorteggio delle cariche politiche

Antonio Gurrado

La minoranza di antichi ateniesi disponibili alle cariche pubbliche veniva scaglionata per fasce d’età: poiché si riteneva che l’esperienza nella vita cittadina fosse il fattore decisivo per accreditare le competenze

C’è un piccolo dettaglio sfuggito a Beppe Grillo nel proporre il sorteggio fra i cittadini per l’attribuzione delle cariche politiche, poiché gli antichi ateniesi “sapevano che le elezioni erano dispositivi aristocratici e che i politici di carriera erano una cosa da evitare”. Anzi, due. In primo luogo nell’antica Atene i cittadini erano una minoranza e buona parte della città era costituita da ceti inferiori – meteci e schiavi – con minori diritti ed esclusi dal novero del sorteggio; per non dire che censimento e selezione dei cittadini per le cariche erano gestiti non dalla polis ma dai demi, consorterie di quartiere guidate bene o male sempre dalle stesse famiglie e dagli stessi gruppi d’interesse. Ma questo è forse è troppo raffinato. Più lampante è il caso che la minoranza di antichi ateniesi disponibili alle cariche pubbliche venisse scaglionata per fasce d’età: poiché si riteneva che l’esperienza nella vita cittadina fosse il fattore decisivo per accreditare le competenze, sotto i trent’anni non si aveva voce in capitolo nel potere giudiziario, sotto i quaranta nel legislativo, e sotto i cinquantacinque non si poteva entrare nell’Areopago, che concettualmente era riservato solo agli ex governatori ovvero ai politici di professione. Dunque i ragazzi straordinari su cui Grillo ha costruito la mitologia pentastellata nella democrazia dell’antica Atene sarebbero stati talmente straordinari da non poter ricoprire nessun incarico.

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