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L'inutile capriccio del semaforo Lgbt di Torino

Antonio Gurrado

Nella prima circoscrizione della città, al posto del classico omino ci saranno coppie di soli uomini o donne che si tengono per mano. Ma è posizionato su una via completamente pedonale

Con il semaforo Lgbt, Torino si pone all'avanguardia del diritto. Il Consiglio municipale della prima circoscrizione ha infatti votato a favore della trasformazione di un semaforo pedonale in via Roma: il posto del classico omino che sta fermo o che cammina sarà preso da coppie rosse o verdi composte interamente da uomini o da donne che si tengono per mano. Lungi dall'essere frivola, la scelta cambia drasticamente il senso stesso della giurisprudenza. L'omino stilizzato costituiva uno schema intuitivo valido per rappresentare universalmente l'essere umano in generale; era insomma un modo elementare di dire che la legge (anche se ridotta al diritto essenziale di attraversare la strada) è uguale per tutti. Considerare invece l'omino stilizzato come maschio - e in quanto tale sessista, e in quanto tale omofobo - per sostituirlo con la specifica immagine di un determinato tipo di coppia significa fingere di mirare alla diversità e all'inclusione ma, in effetti, trattare la legge come se si rivolgesse solo ad alcuni, sostituendo all'eguaglianza de jure la discriminazione de facto. Il capolavoro però sta in un dettaglio: quel semaforo si trova collocato in una zona completamente pedonale della città, ed è caduto in disuso in quanto non serve più a gestire l'attraversamento della strada ma da tempo si limita a lampeggiare muto. Quindi, con l'omino o con le coppiette, non serviva né servirà a un accidente. Il semaforo Lgbt di Torino ci mostra dunque a cosa si è ridotta la rivendicazione di diritti: a un'interpretazione simbolica, autoreferenziale e capricciosa della legge, allo scopo di renderla non più utile ma solo decorativa.

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