La crisi di coscienza degli intellettuali dopo il voto di domenica

Antonio Gurrado

Con la fine della prima e della seconda Repubblica, ora l'"Italia colta" si riscopre senza una casa politica

Conseguenza non secondaria dei risultati delle elezioni sarà la crisi di coscienza che si abbatterà sulla classe intellettuale. La seconda Repubblica è stata caratterizzata da una tendenza degli intellettuali a schierarsi contro il centrodestra e, per converso, da una tendenza a schierarsi contro il centrodestra per passare da intellettuali: la militanza antiberlusconiana veniva vissuta come scelta attiva non solo identitaria ma anche finalizzata a dimostrare l’esistenza di un’Italia diversa e colta, in grado di governare direttamente il paese, come è stato infatti in quattordici degli ultimi venticinque anni, garantendosi ben due vittorie con un candidato Professore. La prima Repubblica si era invece caratterizzata per una scelta identitaria passiva, che prevedeva il voto dei colti a partiti di nicchia radicati in ideali d’antan – come il crocianesimo del Pli e il mazzinianesimo del Pri, oltre alla santa follia dei Radicali – nonché ovviamente al Pci, ovvero a un partito di massa consapevole però che il compito di governare sarebbe toccato al solo partito più grande, come fu infatti per decenni. Oggi, con più del 50% dei voti espressi a partiti nemmeno velatamente ostili agli intellettuali di professione, pare che entrambe le opzioni siano precluse. Non è possibile costituirsi in metà migliore dell’Italia come alternativa di governo, a meno di coinvolgere il bacino elettorale berlusconiano che, ai tempi, era stato tacciato d’ignoranza e teledipendenza. Non è possibile arroccarsi in partitini snob sia perché i due più plausibili, +Europa e LeU, sono poco più di cartelli elettorali; sia perché non esistono più partiti che possano rivendicare di discendere dalle nobili tradizioni intellettuali ottocentesche, e se esistono sono ridotti a men che impercettibili zero virgola. Né è consigliabile l’adesione in massa degli intellettuali al Pd, perché implicherebbe il ritorno all’antiquato concetto di opposizione creativa, intelligente fin che si vuole ma fine a sé stessa, sancendo in maniera definitiva il distacco dal paese reale, che è irrazionale.

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