Foto tratta da Twitter

La scomparsa dei manifesti sui tabelloni elettorali ai lati delle strade

Antonio Gurrado

Le campagne elettorali si sono trasferite sui social network e sui quadri in metallo rimangono facce e slogan di tempi passati

Deserti a causa del trasferimento di ogni propaganda sui social network, gli alloggiamenti metallici per manifesti elettorali issati sui marciapiedi delle città presentano uno spaventoso abisso di passate urgenze. Nei riquadri predisposti per le prossime elezioni non si trova che un palinsesto di vecchie pubblicità sbrindellate; dalle campagne precedenti, lì dove la carta non è stata grattata via bene, emergono sorrisi che uno strappo ha privato del resto del volto, slogan fuori sincrono, arzigogolati simboli irriconoscibili dall’angolino superstite. Qui si distingue un sopracciglio di Di Pietro, là affiora una testa pressoché integra di Pisapia e, vi giuro, coi miei occhi ho visto un invito cubitale a votare per qualcuno il cui cognome iniziava per “Veltr-”. Sono sicuro che da qualche parte si rinverranno testimonianze archeologiche dell’esistenza di Gianfranco Fini, il leggendario leader della destra del futuro. Ecco cosa resta delle precedenti legislature; altri tempi, altre cure, altri pensieri.

 

Esattamente duecento anni fa, nel 1818, Percy Bysshe Shelley pubblicò “Ozymandias”. La poesia raccontava che nel deserto si poteva scorgere un imponente piedistallo la cui lapide magnificava il potere dell’antico sovrano Osimandia, il re dei re, che impetrava ai viandanti di sgomentarsi di fronte alla grandezza delle sue opere; dal piedistallo s’innalzavano però solo due gambe senza tronco e mezza faccia giaceva poco lontano, quasi sommersa dalla sabbia. Null’altro. Ecco cosa resterà della prossima legislatura: “Attorno alle rovine di quell’enorme relitto, sconfinate e nude / le sabbie vuote e piatte si stendono lontano”.

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