La censura buonista di Facebook colpisce le foto dei deportati ad Auschwitz

Antonio Gurrado

Il social network le nasconde in quanto immagini di nudo. Ma il vero scandalo è il tentativo di non mostrare il male costruendo l'immagine di un uomo innocuo e inutile come un pupazzetto

La stupidità di Facebook nel censurare le immagini dei deportati di Auschwitz non ci colpisce per l’ottusità dell’algoritmo nel nasconderle agli occhi degli utenti in quanto foto di nudo. Né per la sorpresa, visto che Facebook aveva già censurato la foto della bambina vietnamita che fuggiva dalla bomba al napalm. Piuttosto, irrita visceralmente perché sottintende una visione edulcorata della nostra specie, e preconizza il tentativo di appiattire l’uomo sull’ottimistica fiducia che il male sia sempre identificabile e ritagliabile automaticamente: un nudo è sempre provocazione erotica così come una parolaccia è sempre un’offesa, l’amore è sempre una pioggia di cuoricini e tutta la vita è sempre uno splendente punto esclamativo. La stupidità nel censurare le immagini dei deportati di Auschwitz sarà offensiva ma, credo, ancora più offensiva è la figura stilizzata dell’uomo che Facebook ci restituisce: priva di quanto ha di misterioso, di assurdo e di feroce, innocuo e inutile come un pupazzetto.

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