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Un violino di otto metri a Cremona insegna qualcosa riguardo alla cultura in Italia

Antonio Gurrado

L'opera di Giorgio Palù, “L’anima della città”, è stata installata davanti alla stazione della città lombarda grazie all’internet delle cose e suona un brano di Monteverdi. Lo ha fatto centotrentatremila volte in quattordici mesi

Buonasera, sono un violino: un violino d’acciaio alto otto metri, opera di Giorgio Palù, che il sindaco di Cremona ha fatto sistemare davanti alla stazione. Mi chiamo “L’anima della città” e, grazie all’internet delle cose, quando qualcuno mi si avvicina gli suono un brano di Monteverdi. Poiché mi si sono avvicinate centotrentatremila persone, in quattordici mesi ho suonato per complessive quattromilatrecento ore: anche se il direttore della società che mi gestisce sostiene che tali cifre comprovino il mio successo, i residenti sostengono che ascoltare migliaia di volte la stessa musica sia alienante quindi hanno ottenuto che io abbassi il volume. In attesa di zittirmi del tutto, credo che il mio destino possa insegnare qualcosa riguardo alla cultura in Italia.

 

Anzitutto, la cultura non si misura a quantità: avere suonato quattromilatrecento ore non ha elevato di un millimetro la sensibilità musicale dei turisti. Inoltre, la cultura non è reiterazione meccanica: altrimenti i cremonesi, lungi dal protestare, sarebbero stati entusiasti che le loro orecchie venissero sottoposte a questa specie di cura Ludovico. Infine, la cultura non è erogazione su richiesta: che senso ha suonare non appena qualcuno si appropinqua per un selfie? Forse che conto di coglierlo di sorpresa, somministrandogli musica classica per contrappasso alla moderna frivolezza? Forse che il sindaco sperava che, una volta sentitomi suonare uno degli otto motivetti di cui sono capace, i passanti si sentissero in vena di andare a scambiare due chiacchiere con un pappagallo?

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