Un frame del film "Fermati, o mamma spara", diretto da Roger Spottiswoode (1992)

Se integrare si traduce con menare

Antonio Gurrado

In Liguria si insegna l'arte del pugilato ai migranti mentre in Veneto si organizzano corsi di autodifesa per le vecchiette. In entrambi i casi c'è l'assenza dello stato

E se, alla fine, la soluzione a tutte le tensioni sociali fosse menare? Lo pensano probabilmente gli organizzatori del corso “Un pugno contro il razzismo”, in un comune dello spezzino, per consentire agli immigrati di imparare la nobile arte del pugilato. Lo pensa probabilmente anche chi ha organizzato il corso di “Autodifesa da strada per signore”, in un comune del padovano, per insegnare a donne di ogni età a sparare in caso di aggressione. Quelli che educano gli immigrati a tirare cazzotti spiegano che la violenza non c’entra: si tratta di integrare i derelitti insegnando loro il sacrificio, il rispetto, le regole. Quelli che educano le signore a premere il grilletto spiegano che la violenza non c’entra: si tratta di diffondere una corretta cultura delle armi nel gentil sesso. I primi sembrano di sinistra e chiamano il corso di pugilato integrazione, perché offre agli immigrati un’occasione di riscatto. Gli altri sembrano di destra e chiamano il corso da pistolere difesa, perché di questi tempi non bastano più la borsetta, i tacchi, lo spray al peperoncino. Entrambi in realtà sono impolitici perché puntano sull’autostima dell’iscritto, sul miglioramento dell’individuo, sicuri di agire in una zona grigia in cui lo Stato non interviene poiché non integra abbastanza e non difende abbastanza. Io non sono né immigrato né signora quindi so che per ora sarà meglio tenermi alla larga sia dal Veneto sia dalla Liguria; so anche che è meglio non pensare a cosa accadrebbe se putacaso si incontrassero, in quella zona grigia, un immigrato dello spezzino e una signora del padovano.

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