Le proteste degli studenti dell'Università di Bologna (foto LaPresse)

L'insurrezione demenziale dei filosofi contro il numero chiuso alla Statale di Milano

Antonio Gurrado

L'approvazione del numero chiuso per le facoltà umanistiche alla Statale di Milano, dopo discussioni interminabili, arriva mentre il numero degli iscritti ai corsi è inferiore al numero dei posti disponibili

E così, nonostante le proteste e le irruzioni nel Senato accademico, nonostante le lezioni in piazza e gli studenti sdraiati nei corridoi, nonostante i panegirici del diritto allo studio e gli epicedi in morte dell'università pubblica, alla fine la Statale di Milano ha approvato la proposta del Rettore: dal prossimo anno, anche le facoltà umanistiche saranno a numero chiuso. È stato talmente faticoso e se n'è discusso talmente a lungo che oggi, a leggere i freddi numeri, pare che la montagna abbia partorito un topolino.

 

 

Infatti, a parte Filosofia dove saranno disponibili 530 posti rispetto alle 739 immatricolazioni di quest'anno, si passerà a 480 posti per Storia contro i 651 iscritti, 500 per Beni Culturali contro 646 iscritti, 230 per Geografia contro 282 iscritti. A Lettere col numero chiuso ci saranno 550 posti disponibili ma quest'anno s'erano iscritti solo in 545, quindi, se la matematica non è un'opinione, i letterati stavano protestando perché il numero chiuso garantiva un'offerta superiore alla domanda.

 

Ora, duecento filosofi in meno sono senz'altro una buona notizia (soprattutto per i restanti cinquecento) ma, nel complesso di tutte le facoltà umanistiche, si tratta di circa il 15 per cento di posti in meno rispetto all'attuale tasso annuo di iscritti: decurtazione assolutamente ragionevole se si considerano i dati Anvur, secondo cui nelle università italiane si laurea il 60 per cento degli iscritti, mentre il 40 per cento abbandona. Protestare contro queste cifre sarebbe demenziale. Pertanto le irruzioni nel Senato accademico e le lezioni in piazza e i sit-in nei corridoi vanno interpretati come atto di resistenza contro il fatto che il Rettore della Statale avesse preso una decisione chiara, netta e irrevocabile. Protesta chi ritiene inaccettabile un'Italia in cui non si rimandi, non si traccheggi, non si stemperi e non si cincischi; è questa la triste verità.