Niente sesso, "Motel Voyeur" di Gay Talese parla di noia

Antonio Gurrado

La storia di un guardone che si sorprende di quanto sia disonesta e monotona la vita di tutti i giorni

Non capisco perché “Motel Voyeur” di Gay Talese (Rizzoli) abbia destato tanto scalpore per le scene di sesso. In realtà è un libro che parla soprattutto di grate: questo Gerald Foos, il guardone gestore di un motel che passa decenni a spiare le coppie di clienti, per pagine e pagine del proprio memoriale non fa altro che illustrare di che tipo sono le grate che si procura, e quanto spesse, e quanto larghe, e come le avvita in cima al soffitto delle camere, e come si svitano, e in che posizione deve stare per osservare meglio, e così via. Poi, quando l'attenzione si sposta dalle grate ai corpi, si accorge che quelle persone da cui voleva trarre piacere fisico sono gente infelice, gente annoiata, gente che litiga, gente che si lamenta, gente inchiavardata dinanzi alla tv.

 

 

Tutti si mettono le dita nel naso, qualcuno mangia a letto e usa le lenzuola come tovaglioli, i maschi pisciano nei lavandini; se lui lascia apposta in un armadio una valigetta piena di soldi, i soldi spariscono e talvolta la valigetta li segue. Spiando scopre che la vita ordinaria è noiosa, che la gente è disonesta e sporca, e che c'è da essere pessimisti quanto al futuro della società. Quando Talese gli domanda cos'abbia concluso dopo tutto quel che ha osservato, risponde: “Che fondamentalmente non ci si può fidare delle persone”. E c'era bisogno di tutte quelle grate?

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