Jermain Defoe

Tra tante storie brutte c'è quella, bella da raccontare, di Jermain Defoe

Antonio Gurrado

Il calciatore incontra un suo grande fan di 8 anni malato terminale di neuroblastoma. Sentimentalismo facile? Me ne frego

Gli argomenti brutti e tristi di cui sarebbe facile scrivere sono talmente numerosi e talmente enormi che, una volta tanto, voglio sforzarmi su una piccola cosa bella. Su qualche sito specializzato o sparuto angolino di quotidiano è passata la storia di Jermain, un signore inglese di 34 anni, di professione calciatore, che l'altro giorno è andato a trovare un suo grande fan di otto anni, malato terminale di neuroblastoma. A fine giornata il bambino si è addormentato abbracciato al suo idolo, che di cognome fa Defoe ed è uno dei marcatori più prolifici della storia della Premier League. La foto dei due vicino al cuscino coi colori del Sunderland – il bambino con cerotto e mutandine, il calciatore con visiera rovesciata e tatuaggio – mi ha ricordato la storia dei cestisti degli Utah Jazz: un paio d'anni fa la franchigia NBA aveva ingaggiato per un giorno un bambino di cinque anni malato di leucemia per farlo entrare in campo durante una partita di allenamento.

 

I giganteschi campioni americani si sono lasciati sbaragliare dal pupo, inciampando, scontrandosi fra loro, intercettando a vuoto, sollevandolo fino all'anello per fargli fare canestro. È sentimentalismo facile, è retorica iconografica? Me ne frego. Gli argomenti brutti e tristi sono talmente tanti che ogni tanto bisogna anche dare notizia di sogni realizzati, e bisogna notare come per realizzare i sogni di omoni grandi e grossi possano bastare dei bambini così piccoli.

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