Il calendario civile che fa capire quanto è in crisi la società moderna

Antonio Gurrado

Quando una civiltà si dedica un'apoteosi, vuol dire che è vicina a crollare sotto il peso della propria assenza di ridicolo

Mi rallegra che l'editore Donzelli abbia deciso di pubblicare un “Calendario Civile”, ossia un volume a più mani (lo cura Alessandro Portelli) che sostituisce alle festività religiose la bellezza di ventidue giorni rossi fondamentali per la nostra storia. Il 27 gennaio, Giornata della Memoria. Il 24 marzo, Eccidio delle Fosse ardeatine. Il 23 maggio, Strage di Capaci. Il 21 luglio, Fatti del G8 di Genova. Il 3 ottobre, Memoria delle vittime della migrazione. Il 12 dicembre, Morte accidentale di un anarchico.

 

Leggere i calendari è sempre emozionante perché è un modo di prevedere il futuro rifacendosi al passato. Ricordando, ad esempio, quando i giacobini sostituirono nel calendario rivoluzionario ciascun santo con un eroe civile; quando i repubblicani cisalpini, loro imitatori, fabbricarono un martirologio in cui in ogni determinato giorno toccasse commemorare uno Spinoza, un Chiabrera, uno Scopoli o un Gran Condé; quando Bonaparte rimosse d'ufficio la festa dell'Assunta per celebrare al 15 agosto San Napoleone soldato e martire.

 

Questo “Calendario civile” che canonizza i miti del progressismo mi rallegra perché, quando una civiltà si dedica un'apoteosi, vuol dire che è vicina a crollare sotto il peso della propria assenza di ridicolo; vuol dire che non è così lontano il giorno della Restaurazione.

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