Stefano Rodotà (foto LaPresse)

Che cosa intende Rodotà quando parla di referendum e ignoranza

Antonio Gurrado
Il professore Stefano Rodotà ha concesso un'intervista al quotidiano La Stampa per spiegare cosa accade quando un referendum chiama il popolo a esprimersi su delicate questioni su cui non ha competenza

Il professore Stefano Rodotà, emerito di Diritto civile all'Università di Roma La Sapienza, membro del Comitato scientifico dell'Agenzia europea per i Diritti fondamentali, coautore della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea nonché coordinatore scientifico del Festival del Diritto di Piacenza, ha concesso un'intervista al quotidiano La Stampa per spiegare cosa accade quando un referendum chiama il popolo a esprimersi su delicate questioni su cui non ha competenza, quali ad esempio il riassetto delle alleanze internazionali, una riforma costituzionale o l'indipendenza di uno Stato. “Il referendum”, ha spiegato il professor Rodotà, “diventa lo strumento distorcente di un appello al popolo, peraltro un popolo disinformato. E muore. Il referendum senza vera informazione è distorsione. Un referendum male usato produce un effetto divisivo fortissimo. In questo quadro il referendum si trasforma nell'appello al capo e alla folla”.

 

Va notato che il professor Rodotà è abilissimo a parlare della nuora (Brexit) perché suocera (Renzi) intenda; e che un curioso caso di omonimia lo lega a Stefano Rodotà, di recente candidato a Presidente della Repubblica istituita con referendum del 2 giugno 1946, ovvero a Capo dello Stato istituito con plebiscito del 7 novembre 1860, in entrambi i casi grazie al voto di una vasta maggioranza di insigni costituzionalisti, per quanto in larga parte analfabeti.

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