Virginia Raggi (foto LaPresse)

Tranquilli, a Roma non c'è stata nessuna rivoluzione. Parola di statua

Antonio Gurrado
Ave, lo sapete cosa sono? Sono una statua; e mo' non mi metto a spiegarvi quale sono e quale non sono, anche perché sto mezza diroccata e mi confondo fra gli infiniti monconi senza nome indistinguibili, che pare stiano lì indifferentemente da secoli o millenni.

Ave, lo sapete cosa sono? Sono una statua; e mo' non mi metto a spiegarvi quale sono e quale non sono, anche perché sto mezza diroccata e mi confondo fra gli infiniti monconi senza nome indistinguibili, che pare stiano lì indifferentemente da secoli o millenni: tanto da far pensare che gli antichissimi abbiano prima tirato su una statua qua e una statua là, poi costruito Roma come riempitivo. Il fatto è che di solito sto muta, essendo statua, ma oggi voglio dire la mia visto che si grida alla giornata storica. Dice: è una rivoluzione. Dice: da oggi cambia tutto. Ah sì? E meno male, stavamo in pensiero: qua non cambiava tutto da almeno tre anni, quando avevano eletto il sindaco che diceva di essere marziano; però era già cambiato tutto anche quando i tassisti avevano eletto quell'altro sindaco al giro prima. Oh, tre rivoluzioni in otto anni sono un bel ritmo per una città eterna.

 

La verità è che con la Raggi il popolo non è diventato più grillino di quanto non fosse stato marziano con Marino o fascista con Alemanno, nonostante strade chiuse e braccia tese; ve lo dico io ché, in quanto statua, otto anni mi durano quanto cinque minuti. O a Roma hanno cambiato tre volte gli elettori, cioè li hanno proprio sostituiti fisicamente con persone che a ogni elezione la pensavano diversa, oppure il popolo è sempre lo stesso da quando mi hanno fatta: il vincitore sente gli evviva, s'illude di avere fatto la rivoluzione e si tranquillizza. Così Roma è riuscita a sopravvivere ai barbari, ai lanzichenecchi, ai giacobini, ai tedeschi e agli americani. Sopravviverà pure agli italiani.