Usa 2016, comizio di Barack Obama in North Carolina (foto LaPresse)

Quanto sono impreparati i leader europei al dopo Obama

Redazione

Dalla Nato al medio oriente, passando per gli accordi commerciali e l'immigrazione. Uno studio rivela come l'Europa sottovaluti le conseguenze per le relazioni con Washington in caso di vittoria di Clinton o di Trump.

A poche ore dal voto negli Stati Uniti, l'Europa attende l'esito delle elezioni con un interesse pari a quello registrato oltre l'Atlantico. Che vinca la democratica Hillary Clinton o il repubblicano Donald Trump, il nuovo presidente avrà un impatto notevole sulle politiche degli stati membri dell'Ue. Una cosa è certa: se a votare fossero oggi i cittadini europei, Clinton vincerebbe senza difficoltà. Una ricerca del Pew Research ha rilevato come il 59 per cento degli intervistati nell’Ue esprima fiducia nelle capacità dell’ex segretario di stato, mentre solo il 9 per cento ha dato lo stesso giudizio nei confronti di Trump. Una ricerca dello scorso ottobre condotta dall'European Council on Foreign Relations ha sottolineato però come i governi europei stiano sottovalutando la possibilità che la vittoria dell’uno o dell’altro candidato possa influenzare le relazioni degli Stati Uniti con l’Europa. La tendenza dei leader europei, insomma, è quella di non tenere sufficientemente in considerazione, ad esempio, l'avversione di Trump nei confronti della Nato, del libero commercio e la sua ammirazione per il presidente russo Vladimir Putin. Allo stesso modo, spiega la ricerca, i leader dell'Ue sopravvalutano la possibilità che Clinton preservi la continuità con la politica di Barack Obama, in modo particolare per quanto riguarda il medio oriente, dove la candidata democratica ha invece espresso più volte una posizione ben più interventista rispetto a quella del presidente uscente.

 

I leader europei non sono adeguatamente preparati a confrontarsi con una nuova Amministrazione, anche se dovesse risultare vittoriosa Clinton, con la quale si trovano in maggiore sintonia rispetto a Trump, almeno a livello programmatico. La candidata democratica ha finora espresso dubbi parziali sul libero scambio, dicendosi pronta a rivedere alcuni dei trattati in vigore. Eppure, durante tutta la sua carriera politica, la democratica aveva sostenuto accordi per aprire i mercati internazionali, come il Tpp, che aveva negoziato con i paesi dell’estremo oriente in qualità di segretario di stato. D'altra parte, Trump ha basato parte della sua campagna sulla rinegoziazione degli accordi commerciali e sugli slogan protezionisti, come “America first”, dicendosi apertamente contrario alle politiche di libero scambio che sono state alla base della politica estera americana a partire dal secondo dopoguerra.

 



Summit NATO a Varsavia, Rajoy, Obama e Merkel (foto LaPresse)


 

In occasione del referendum sulla Brexit, Clinton ha sostenuto il "remain", mentre Trump ha paragonato la sua campagna anti-establishment a quella del "leave", e ha ospitato ai suoi comizi l’ex leader dell’Ukip, Nigel Farage, dando spazio a temi nativisti e isolazionisti.

 

Per quanto riguarda il medio oriente, Clinton ha sostenuto in passato una politica più interventista di quella seguita da Obama, in special modo per quanto riguarda la guerra civile siriana, ma ha sempre inquadrato le sue decisioni nell’ottica di uno sforzo comune con gli alleati europei che sono impegnati sul campo. Trump ha invece invocato bombardamenti indiscriminati e un accordo con la Russia, in un periodo di forte tensione tra il Cremlino e le cancellerie europee. Infine, l’atteggiamento verso la Nato dei due candidati dimostra la rilevanza che l’elezione ha per l’Europa. Sebbene entrambi abbiano chiesto ai partner europei di contribuire di più al'Alleanza atlantica da un punto di vista economico, come del resto aveva fatto anche Obama, Trump si è detto pronto a “considerare” gli obblighi di difesa comuni caso per caso, mentre Clinton ha ribadito che li definisce “inviolabili”. Laddove Clinton considera la Nato un “caposaldo” dell’ordine mondiale, e non mette in dubbio il ruolo che gli Stati Uniti hanno avuto negli ultimi sessant’anni come protettori degli stati europei, Trump si dice pronto ad abbandonare l’Europa al proprio destino se questa non contribuirà adeguatamente alle spese militari e se si dovesse trovare minacciata da una potenza come la Russia.