Il trucco dei giornali sull'islam

Redazione
"Nous, françaises et musulmanes". Era questo il titolo ieri del saggio di copertina di Libération. L’obiettivo è dimostrare che in Francia vige una stigmatizzazione ingenerosa dell’islam da parte delle classi dirigenti e di molti intellettuali “reazionari”.

"Nous, françaises et musulmanes". Era questo il titolo ieri del saggio di copertina di Libération. L’obiettivo è dimostrare che in Francia vige una stigmatizzazione ingenerosa dell’islam da parte delle classi dirigenti e di molti intellettuali “reazionari”, che le musulmane transalpine in realtà sono ben integrate e che la discriminazione nelle loro società è marginale. Libération ha pubblicato così le fotografie di dieci donne di religione islamica: soltanto una indossava il velo. E’ la stessa operazione compiuta dal New York Times un mese fa, quando esplose la questione del burkini nelle spiagge francesi. “The Way People Look at Us Has Changed’: Muslim Women on Life in Europe”, questo il titolo dell’inchiesta della bibbia liberal del giornalismo americano. Anche lì, una carrellata di ragazze musulmane estasiate dalla vita moderna che conducono in Francia, laureate, intraprendenti, ambiziose, truccate, rispettose delle leggi e della laicità, e vittime non dell’islamismo, ma della nostra demonizzazione imperante. Ora, esiste certamente una parte importante dell’islam europeo che agogna diritti e opportunità, ma sostenere, come fanno i giornali, che rappresenta il novanta per cento delle loro comunità, è non soltanto ridicolo, ma anche grottesco.

 

Lo conferma il sondaggio-choc dell’Istituto Montaigne in Francia, secondo cui un terzo dei musulmani francesi, uomini e donne, rigetta la democrazia, la separazione dei poteri, la blasfemia e i valori occidentali, anteponendovi la sharia, il califfato e la sottomissione. Nelle patinate riviste anglosassoni e francesi non esiste, non affiora, non ha voce, la donna cui è imposto il niqab, la donna picchiata perché voleva studiare, la ragazza sotterrata con la testa rivolta verso la Mecca (leggi Hina Saleem) perché frequentava un “infedele”. Al di là di cosa se ne pensi del bando francese del burkini, è evidente che l’obiettivo di questi giornali è chiudere il dibattito sul disastro multiculturale, ignorare la denuncia di Ayaan Hirsi Ali e di tante altre eroine di un neofemminismo islamico che è l’unica speranza per le quote rosse nella Mezzaluna. Quindi, per dirla con Stéphane Charbonnier, il compianto direttore di Charlie Hebdo, “è ora di porre fine a questo disgustoso paternalismo della sinistra intellettuale, borghese e bianco di sinistra”. Per il bene nostro e anche delle donne musulmane che davvero vogliono abbracciare la democrazia occidentale. Gli estremisti islamici hanno trovato un vuoto in occidente e lì hanno costruito la loro fortezza che riempiono con il multiculturalismo costruito in buona fede dagli intellettuali occidentali. Dobbiamo decostruire questo modello di fanatismo, non compiacerlo nascondendone il volto più oscuro.

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