Il momento della lettura della sentenza sul processo Mori (foto LaPresse)

L'assoluzione di Mori e le solite amnesie dei giornali

Redazione
Dopo anni di accuse infondate, illazioni e imputazioni infamanti sbattute in prima pagina, la sentenza che assolve l'ex capo dei Ros finisce relegata nelle pagine interne, tra lo sport e i riempitivi. Nulla di nuovo, purtroppo.

Indagini e imputazioni sbattute in prima pagina. Le assoluzioni che, puntuali, arrivano anni dopo, relegate invece nei meandri delle pagine interne dei giornali (se riportate). Il modus operandi, doppiopesista e dal sapore manettaro, del giornalismo italiano si ripropone anche oggi, questa volta attorno alla vicenda di Mario Mori, assolto (di nuovo) dall’accusa di aver favorito la mancata cattura del boss Bernardo Provenzano.

 

Così, capita che il Fatto Quotidiano, da sempre in prima linea nel sostenere il filone sulla presunta “trattativa stato-mafia” (tanto da dare ampio spazio ai “papelli” e alle rivelazioni di soggetti come Massimo Ciancimino, poi rivelatesi molto pataccare), stavolta decide di spedire la notizia dell’assoluzione di Mori – che rende sempre più traballante il processo parallelo sulla trattativa – niente di meno che a pagina 22, sezione “cronaca”.

 

“Processo sulla Trattativa più difficile” ammette il giornale diretto da Marco Travaglio, che però, non pago di aver “dimenticato” la notizia in prossimità della sezione “sport”, continua ad alimentare fieramente la propria linea anti garantista, quella dei “sì, però...”, scrivendo: “E dunque chi è Mori? Il fedele servitore dello stato sfuggito ancora una volta a quella che lui stesso ha definito una ‘ventennale persecuzione giudiziaria’ o l’enigmatico ufficiale dell’Arma che nasconde nel suo passato i segreti della strategia della tensione?”. Con il piccolo particolare, tuttavia, che mentre la prima tesi è stata fino a oggi confermata dalle innumerevoli assoluzioni ottenute da Mori in sede giudiziaria, la seconda resta semplice frutto di illazioni, mai dimostrate da alcuna prova o sentenza.

 

Un approccio allusivo adottato anche da Repubblica, che anch’essa oggi relega il caso Mori a pagina 26, e che pur riportando l’assoluzione ricorda, per mano di Attilio Bolzoni, l’“opacità, i ritardi, gli errori” compiuti nella cattura di Provenzano dall’ex generale dei carabinieri, definito per questo “un ufficiale con fama di super-investigatore ma a quanto pare un po’ pasticcione”. Certo, “non colluso” e “non sleale” ma “un servitore dello stato sfortunato nel finire sempre negli impicci”. Perché neanche le assoluzioni bastano: se finisci sotto le ruote della macchina mediatico-giustizialista, sei marchiato a vita.

 

Il panorama, desolante, non cambia se si guarda agli altri giornali. Il Corriere della sera pubblica la notizia di Mori a pagina 27 (sezione “cronache”), la Stampa la riporta a pagina 25, dopo un’inedita inchiesta sui “mestieri che scompaiono e le nuove professioni”, mentre l’Unità, per far felici tutti, ha ritenuto opportuno non pubblicarla da nessuna parte in 23 pagine. Neanche un box, nulla.