Indagini di cui vergognarsi

Maurizio Crippa
Che l’infermiera (forse non più) killer di Piombino – la signora Fausta Bonino, sarebbe meglio chiamarla – sia una colpevole che non è ancora stata scoperta, questo è pacifico.

Che l’infermiera (forse non più) killer di Piombino – la signora Fausta Bonino, sarebbe meglio chiamarla – sia una colpevole che non è ancora stata scoperta, questo è pacifico. Che i pm che danno la caccia alle infermiere killer abbiano solo migliorato la loro razza, rendendole più difficili da scovare, è evidente anche questo. Che i colpevoli vengano alla fine tutti condannati in base alle intercettazioni da cui i pm avevano preso le mosse, è incontestabile. La dottrina Davigo non si discute, si applica. Poi però succede che nell’inchiesta che ha portato in galera la signora Bonino c’è un errore dei pm. Ed è un errore grave, perché riguarda proprio quella che tutti i pm, fedeli alla dottrina Davigo, ritengono lo strumento fondamentale dell’indagine. Anzi la prova primigenia su cui si regge il tutto. Anzi la pietra filosofale che svela le nefandezze segrete di tutti i cuori.

 

Insomma: l’intercettazione. Succede che nell’intercettazione-regina, quella in cui Bonino avrebbe detto a una collega “non dire nulla”, be’, non era Bonino a parlare. Hanno orecchiato male. E il Riesame ha stabilito che la signora infermiera non era nemmeno da arrestare. Anche perché, tra le altre cose zoppicanti dell’inchiesta, c’è il fatto che i pm avevano deciso di indagarla per ben 13 omicidi, mentre si sapeva che solo 4 morti erano state causate dall’eparina, la famosa arma dei delitti. Così il procuratore capo di Livorno, Ettore Squillace Greco, è stato costretto a difendere l’indifendibile, ovvero il lavoro dei suoi pm: “E’ un processo indiziario, lo è stato fin dall’inizio. E in un processo indiziario certe cose accadono”. Ditelo alla signora Bonino. E anche a Davigo, magari.

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  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"