Fine dell'illusione. Le carceri italiane tornano a sovraffollarsi (e cresce l'emergenza jihadista)

Ermes Antonucci
Cresce il numero dei detenuti, molti ancora in attesa di giudizio. Più di un terzo sono stranieri, spesso di fede musulmana. Così i centri di detenzione rischiano di diventare habitat perfetti per il proselitismo islamista

L’emergenza del sovraffollamento nelle carceri italiane sembrava ormai essere stata superata. E invece, a sorpresa, il numero dei detenuti torna a crescere. E’ quanto emerge dai dati diffusi dal ministero della Giustizia alcuni giorni fa, e dal rapporto “Galere d’Italia”, pubblicato oggi dall’associazione Antigone, che con i suoi operatori visita periodicamente gli istituti penitenziari. Se infatti negli ultimi 5 anni – sotto la pressione delle condanne e dei moniti delle organizzazioni europee e internazionali – il numero di persone detenute in carcere era sceso costantemente, passando dai 68 mila del 2010 ai 52.164 del dicembre 2015, nei primi tre mesi del nuovo anno il dato è salito a 53.495 (circa 1300 detenuti in più).

 

Il tasso di sovraffollamento, così, è balzato al 108 per cento: almeno 3.950 persone sono prive di un posto letto regolamentare (la capienza è di 49.545 posti), senza contare che, come sottolineano spesso le associazioni che si occupano dei diritti dei detenuti, le statistiche non tengono conto delle sezioni provvisoriamente chiuse nelle carceri. Un altro dato allarmante è quello relativo al numero di persone incarcerate ma ancora in attesa di sentenza definitiva (e quindi, secondo la Costituzione italiana, ancora innocenti): sono 9.440 – anche qui in crescita rispetto ai 9.262 del dicembre scorso –, ossia il 34,6 per cento del totale, contro la media europea del 20,4.

 

Rilevante è la presenza di detenuti stranieri. Sono quasi 18 mila e rappresentano il 33,45 per cento di tutta la popolazione carceraria. Un dato (anch’esso nettamente distante dalla media europea del 21 per cento) che preoccupa soprattutto in relazione alla significativa presenza di detenuti di fede musulmana e al pericolo di radicalizzazione islamica all’interno degli istituti penitenziari, sul quale lo stesso ministro della Giustizia Andrea Orlando ha negli ultimi tempi richiamato l’attenzione, anche in un’intervista al Foglio.

 

A questi numeri infatti, come riporta Antigone, deve aggiungersi l’assenza cronica di mediatori culturali, chiamati a interagire con i detenuti stranieri e a favorire la loro integrazione nell’ambiente carcerario, evitando la formazione di “ghetti”, luoghi perfetti per il proselitismo islamista. Solo in 88 istituti (45,5 per cento) vi sono mediatori per detenuti originari del nord Africa, solo in 85 (44 per cento) per detenuti dell’Europa dell’est, mentre le percentuali crollano per i detenuti del medio oriente e degli altri paesi africani (21,7 e 14,5 per cento).

 

Resta in vita, infine, la vergogna degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), che secondo la legge avrebbero dovuto essere chiusi dal 31 marzo 2015, per dare posto alle Rems (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza). Ad oggi, solo uno dei sei Opg (quello di Napoli) è stato realmente chiuso, mentre altri quattro continuano ad ospitare una novantina di pazienti, e un altro si è solo limitato a cambiare il suo nome in Rems.

 

Gli ultimi dati, in definitiva, sembrano segnalare un deciso – e inaspettato – cambio di rotta nel percorso di riforma del sistema carcerario italiano delineato negli ultimi mesi, con molta fiducia, dal ministro Orlando, che proprio tra qualche giorno illustrerà davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella le conclusioni finali degli Stati Generali dell’esecuzione penale. 

 

I detenuti presenti nelle carceri italiane (fonte ministero della Giustizia)