Perché rompere le catene anti mercato è un'urgenza che Renzi non deve sottovalutare. Un dossier

Renzo Rosati
“Il mondo sta cambiando, il mercato è più veloce, è più snello, i consumatori cambiano idea a grande velocità, i modelli organizzativi sono stati stravolti, il lavoro cambia con una rapidità mai vista prima, alcuni vecchi lavori sono stati spazzati via a una velocità sorprendente”, diceva al Foglio Alessandro Benetton.

Roma. “Il mondo sta cambiando, il mercato è più veloce, è più snello, i consumatori cambiano idea a grande velocità, i modelli organizzativi sono stati stravolti, il lavoro cambia con una rapidità mai vista prima, alcuni vecchi lavori – pensi solo all’ultima volta che lei è andato in banca – sono stati spazzati via a una velocità sorprendente”, dice Alessandro Benetton nell’intervista al Foglio di ieri.

 

L’imprenditore non cita esplicitamente le liberalizzazioni ma è come se lo facesse. Eppure se c’è un fronte sul quale il governo Renzi, pur con riforme all’attivo, è decisamente indietro, è quello della rottura delle catene anti mercato che ancora privilegiano categorie e corporazioni a danno della libera concorrenza e dei consumi. Basti pensare ai taxi, alle farmacie, ai notai.
Il disegno di legge detto appunto “per il mercato e la concorrenza” varato da Palazzo Chigi nel febbraio 2015, approvato a ottobre dalla Camera, è tuttora in discussione al Senato dove decine di emendamenti lo rispediranno a Montecitorio. Eppure già in partenza non recava nessuna rivoluzione liberalizzatoria, come ci si poteva aspettare dalle intenzioni governative. Per i taxi, solo una mini-Uber: a Roma una linea introdotta per il Giubileo con 9 fermate fisse, che cesserà il 24 dicembre. A Milano il servizio con autisti a noleggio è stato bloccato dal tribunale, che ha altresì fulminato ogni residua idea di avere in  Italia Uber Pop come a New York e Londra, ma anche a Madrid, Shanghai e Pechino. Ciò nonostante domani, nello sciopero dei trasporti pubblici, i tassisti romani e milanesi si mobiliteranno contro questa minima concorrenza, e si può scommettere che la categoria si darà come sempre da fare nella prossima campagna amministrativa.

 

Le farmacie hanno difeso l’esclusiva della vendita dei farmaci da banco, che continuano a non potere essere acquistati nei supermercati e nei drugstore; ora l’offensiva parlamentare è contro l’ingresso di società di capitali per bloccare catene commerciali in franchising. Ma a loro volta le farmacie più grandi che avevano chiesto di prolungare gli orari di apertura si vedono imporre l’obbligo di notifica “oltre che all’autorità sanitaria competente anche all’ordine provinciale dei farmacisti”.

 

I notai avevano già ottenuto di non cedere l’esclusiva delle compravendite per importi minori ad avvocati abilitati, o alle banche; ora però perdono il passaggio dai loro studi della tenuta del registro delle successioni, che resta in mano ai tribunali. E lo stesso governo ha bloccato le proposte di anticipare di un anno, al giugno 2016, la fine dell’esclusiva delle Poste per la notifica degli atti giudiziari.

 

Linda Lanzillotta, senatrice Pd che invece ha presentato emendamenti liberalizzatori, sono sue le iniziative “uberiste” sulle quali il governo tentenna o almeno evita di pronunciarsi, non si stanca di definire le norme “insufficienti e senza carica innovativa”. Anche l’Unione europea rimprovera all’Italia la carenza di competitività e liberalizzazioni che rende inefficienti i servizi pubblici e aumenta i costi per i cittadini e lo stato. Ma è una voce alquanto isolata. Eppure tra le non molte misure positive del secondo governo Prodi ci sono le ormai mitiche liberalizzazioni firmate Pier Luigi Bersani, soprattutto per la telefonia e i mutui bancari: ebbene, se ci sono due settori dove i costi si sono ridotti mentre i consumi e gli affari sono aumentati si tratta proprio degli smartphone, dei contratti internet fisso e mobile, e dei mutui alimentati in gran parte dalle surroghe. Al contrario si può arrivare a Roma e Milano con un treno veloce Freccia o con il concorrente Italo sfruttando offerte da 20 o 30 euro, e a Fiumicino, Malpensa e Linate con poco più: ma poi se ne spenderanno altrettanti (se va bene) per un taxi, mentre a Fiumicino e Malpensa mancano le metropolitane. Come Benetton sa, essendo azionista di Aeroporti di Roma (AdR) e della società Grandi stazioni. Il tutto nel silenzio della Confindustria, altrimenti così prodiga di appelli, campagne e consigli al governo. 

 

Oggi al Senato è previsto un vertice tra i senatori, i relatori e il ministro per lo Sviluppo economico, Federica Guidi, e quello per i Rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, per “chiudere” i molti punti, fin qui raccontati, rimasti aperti e che eventuali emendamenti attesi al disegno di legge sulla concorrenza dovrebbero risolvere, comunque con un certo ritardo.