Quelle favole sulle coppie di fatto che ci stanno portando all'estinzione

Roberto Volpi
La società italiana attraversa una fase di rivoluzione che non vogliamo riconoscere. Numeri alla mano, i figli si fanno prevalentemente tra coppie unite in matrimonio o che pensano di sposarsi o che sanno che si sposeranno.

Succede che certe rivoluzioni riescano a passare inosservate in quanto già introiettate nel senso comune, nel comune sentire delle persone, al punto da non essere percepite come tali bensì come semplici evoluzioni del costume. La popolazione italiana sta cambiando a ritmi vertiginosi nei suoi parametri fondamentali, eppure il cambiamento rischia di passare inosservato, tanta è ormai la noncuranza, se non addirittura l’abitudine, un senso di déjà vue, con cui guardiamo a certi processi. Veniamo al dunque. L’ultima dozzina d’anni sono stati decisivi nell’apparecchiare una società italiana bendisposta all’estinzione. Non si tratta di una frase a effetto, dal momento che per l’estinzione le condizioni ci sono già tutte o quasi. Non capisco bene l’Istat, lo confesso, pur essendone un grande estimatore. Registra certi fenomeni ma sembra preoccupato di andare oltre una blanda, neutrale, scarnificata registrazione. Nelle sue stime preliminari, lo scorso anno l’Istat sopravvalutò le nascite del 2014, che poi si rivelarono 6-7 mila in meno di quelle pronosticate. Per il 2015 ha stimato in 15 mila le nascite in meno rispetto a quelle del 2014 (503 mila), ma già a ottobre 2015 i nuovi nati erano 16 mila in meno di quelle dello stesso periodo del 2014. Perché, ecco il punto, non c’è più previsione di questo tipo che non venga superata al ribasso. Avevamo oltre un milione di nascite alla metà degli anni Sessanta, con 7 milioni di abitanti in meno, ed eccoci qui. Ma i bambini non nascono sotto i cavoli. I bambini, contrariamente a quanto ci viene gabellato da un po’ di anni a questa parte sull’onda di certa ideologia (ma perché non chiamarla col suo nome più specifico: 'moda', 'moda culturale', dato che questo è) dell’indifferenza di genere, di coppie e di famiglie, si fanno prevalentemente tra coppie unite in matrimonio o che pensano di sposarsi o che sanno che si sposeranno, semmai arrivasse un figlio. Anche sui figli che nascono fuori del matrimonio, quante favole si sono raccontate. Frutto di coppie di fatto che, loro sì, non hanno paura di metterli al mondo e di volergli bene senza passare attraverso alcuna istituzionalizzazione, nessun contratto, mica come le coppie sposate, così ufficiali, così per benino e così restie a fare figli, così volutamente sterili. Favole di cui ora l’Italia si appresta a pagare il prezzo in termini di un drammatico restringimento di prospettive e futuro.

 

L’onda, la cui curvatura anomala ha portato a volumi annui di nascite da vera e propria estinzione, s’è messa in moto con la messa in mora del matrimonio, con il drammatico processo che sta vieppiù trasformando la popolazione italiana adulta in una popolazione di single tranquillamente protesi a giocare la propria vita fuori da ogni prospettiva di coppia e di famiglia, di figli. Prendersela con i single? Ma nemmeno per sogno, è la società, è l’ideologia, è la moda, è la cultura, è il sentire comune a suggerire che il matrimonio tra uomo e donna sia fuori corso come certe monete d’anteguerra, un inutile orpello che non ha più senso apporre su unioni che hanno da essere, quando sono, d’amore, solo d’amore.

 

[**Video_box_2**]Ed ecco allora il risultato. Tra il 2002 e il 2015 la popolazione italiana è aumentata di 3,8 milioni. Ma nei vent’anni d’età decisivi per la formazione di coppie e famiglie, per fare dei figli, quelli tra i 20 e i 40, i coniugati sono scesi di quasi 3 milioni. Uno spicinio. Una decimazione. Maschi che sfarfalleggiano? Troppo facile, perché il crollo del coniugio è ancora più netto tra le femmine, che perdono 1,6 milioni di coniugate contro 1,4 milioni di coniugati persi dai maschi. Certo, stanno venendo al pettine le minori nascite accumulate a partire dalla metà degli anni Settanta. Verissimo, ma sta di fatto che i celibi/nubili di 20-40 anni aumentano comunque di mezzo milione mentre quelli tra 40 e 50 anni crescono addirittura di 1,4 milioni. Cosicché nei trent’anni tra i 20 e i 50 c’è quasi un aumento di 2 milioni di celibi e nubili, mentre arretrano di 2,5 milioni coniugati e coniugate di questa ampia fascia d’età. Il tutto in una dozzina d’anni e in una popolazione aumentata di quasi 4 milioni. Chi si meraviglia che le nascite precipitano, senza vedere che l’Italia inclina paurosamente lungo una china che potrebbe rivelarsi non più risalibile, non coglie neppure la punta dell’iceberg di una tale problema.