L'Opg di Montelupo

Quei cavilli giudiziari che tengono ancora in vita gli Opg

David Allegranti
Gli ospedali psichiatrici giudiziari, giudicati in violazione del principio costituzionale sull’inviolabilità della libertà personale, restano attivi in Toscana. Ma i governatori hanno impugnato le ordinanze che ne impongono la chiusura congelando tutto

Roma. Sono passati dieci mesi dalla data ufficiale di chiusura (31 marzo 2015), ma quattro ospedali psichiatrici giudiziari, Opg, restano ancora aperti. Nel 2011, l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano disse che erano un “estremo orrore” residuo, “inconcepibile in qualsiasi paese, appena appena civile”. Sono strutture fatiscenti, come emerso nella passata legislatura anche dalla Commissione d’inchiesta sul Sistema sanitario nazionale, già sottoposte a sequestri per deficienze strutturali igienico-sanitarie e clinico-assistenziali. I sequestri sono avvenuti in passato a Montelupo Fiorentino (Firenze) e Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), due dei quattro Opg ancora aperti. Gli altri due sono a Castiglione delle Stiviere (Mantova) e Reggio Emilia, mentre a fine anno è stato chiuso, in ritardo di nove mesi, quello di Secondigliano, a Napoli.

 

In sostituzione degli Opg sono nate le Residenze per l’esecuzione delle Misure di sicurezza (Rems), strutture sanitarie con pochi posti letto (al massimo 20), senza sbarre e senza agenti di polizia, diffuse capillarmente sul territorio. Il problema è che le Rems non lavorano a pieno regime, perché ci sono Regioni nelle quali, appunto, gli Opg sono ancora in funzione, come in Toscana.

 

Nell’istituto di Montelupo ci sono ancora 53 persone, di cui 42 internati e 10 detenuti; nel 2012, secondo un rapporto dell’associazione Antigone, erano 111. Lunedì 26 gennaio il garante dei detenuti della Toscana Franco Corleone ha visitato l’istituto. Corleone ha evidenziato la necessità che Montelupo chiuda al più presto “per evitare il rischio – ha detto - del commissariamento della Regione. E’ ancora aperto in modo illegittimo. Al 1° aprile 2016 (giorno in cui nel 2015 è entrata in vigore la legge 81 che ne stabilisce la chiusura) si registra un anno di ritardo nella chiusura dell’Opg”. C’è poi un’altra questione: che cosa farne di queste strutture, una volta chiuse? L’opg di Montelupo, ha spiegato Corleone, “potrebbe ospitare una sezione di custodia attenuata dove far lavorare 153 detenuti al restauro della villa medicea in attesa di una nuova destinazione. La villa potrebbe diventare un museo, un centro studi o congressi”.

 

[**Video_box_2**]L’associazione fiorentina “L’altro diritto”, guidata dal giurista Emilio Santoro, ha presentato tre ricorsi in tre Regioni (Toscana, Emilia-Romagna, Sicilia), lamentando la violazione dell’articolo 13 della Costituzione sull’inviolabilità della libertà personale: “Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”. Il punto è che la legge non prevede più gli Opg e tre ordinanze di tre diversi magistrati di sorveglianza hanno accolto i ricorsi, dando tre mesi di tempo alla Regione Toscana (che scadono l’11 febbraio) e 15 giorni alle altre due Regioni per mettersi in regola. I governatori hanno impugnato le ordinanze e così le hanno bloccate finché non ci sarà il giudizio definitivo della Cassazione. Il risultato, spiega al Foglio Sofia Ciuffoletti, ricercatrice e giurista de L’altro diritto, è che “abbiamo davanti ancora un anno e mezzo di giudizio prima che l'ordinanza diventi definitiva e si possa procedere con giudizio di ottemperanza. La base del nostro sistema giuridico e della nostra civiltà giuridica occidentale è la libertà personale. In un altro sistema, come quello inglese basato sul Common Law, non sarebbe pensabile di rimanere bloccati per mesi, in aperta violazione, come afferma Santoro, del cardine della nostra civiltà giuridica occidentale”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.