Ed Miliband (foto LaPresse)

Ed Miliband non c'entra niente con la sconfitta del Labour, dice il Labour

Cristina Marconi
Il partito della sinistra britannica fa uscire un report sulla devastante campagna elettorale del 2015. Sorpresa: il leader sconfitto da Cameron ha fatto tutto bene

Londra. “Quella di Ed Miliband è stata una buona performance”. Ci vuole molto coraggio per definire così l’operato dell’ex leader del Labour britannico durante la campagna elettorale che ha portato alla devastante sconfitta del maggio del 2015. Margaret Beckett, con evidente sprezzo del pericolo e del ridicolo, quel coraggio l’ha trovato in un rapporto interno sulla sconfitta elettorale del Labour pubblicato proprio in questi giorni. Il postmortem sulle ultime elezioni era importante, tanto più in un momento in cui il partito è a pezzi e deve urgentemente trovare un punto dal quale ripartire, ma Dame Margaret – con l’ausilio, dicono i maligni, dello stesso Miliband – ha deciso di sprecare l’occasione e di andare a cercare delle responsabilità (vaghe) altrove: ai tempi di Gordon Brown e della crisi economica del 2008, di cui il Labour ancora si porterebbe dietro il danno d’immagine. E cosa avrebbe dovuto fare un leader, se non cercare di risanare quello e altri eventuali danni d’immagine del passato?

 

Per giustificare la sconfitta l’ex ministro degli Esteri Beckett doveva trovare qualcosa di nuovo rispetto al solito Iraq e al solito Tony Blair e l’ha scovato nella crisi economica e finanziaria di 8 anni fa. Non in quella che, secondo la maggioranza degli elettori, sarebbe scaturita se le ricette economiche di Ed Miliband fossero state applicate alla lettera. Un punto, questo, sul quale Dame Margaret ha deciso di illudersi non solo per il passato, ma anche per il futuro, ora che con Jeremy Corbyn leader anche il congelamento delle tariffe dell’energia proposto da Miliband appare una misura di quelle in grado di dare slancio alla crescita. “Credo che parte di quello che Jeremy sta facendo sia tentare di portare la gente a pensare di nuovo all’intera struttura dell’economia e a come sta lavorando”, ha spiegato la Beckett a BBC4, aggiungendo: “E’ ovviamente qualcosa che Ed Miliband aveva intrapreso e credo che molte persone ritengono che sia la cosa giusta da fare”. Molte, forse, ma non abbastanza per vincere le prossime elezioni, visto che servono 94 deputati in più – unica nota amara del rapporto dell’ex ministro – e che ottenerli entro il 2020 è una “grande sfida”.

 

[**Video_box_2**]Dal rapporto non trapela alcuna urgenza di un cambio di rotta, al contrario: l’ostacolo principale sulla strada di un governo laburista è l’invecchiamento dell’elettorato. Le elezioni del 2015 hanno risentito soprattutto dei timori legati ad un’alleanza con l’Snp di Nicola Sturgeon, oltre che di altri 3 fattori, ossia la crisi del 2008, il fatto che Ed Miliband fosse percepito dagli elettori come meno adatto a fare il primo ministro rispetto a David Cameron (come se fosse un caso e non il risultato di scelte sbagliate) e l’incapacità di convincere gli elettori della validità delle scelte fatte in termini di immigrazione e benefit. Un rapporto in cui ciascuno può leggere quello che vuole, che ha suscitato ilarità sia a destra sia a sinistra e che, soprattutto, come scritto da Stephen Bush sul New Statesman, non essendo un’analisi approfondita in grado di spiegare cosa sia andato storto “non aiuterà il Labour a vincere le prossime elezioni”.