Papaleo e la Basilicata che non esiste. Appunti sul Capodanno (trash) di Rai1

Simonetta Sciandivasci
Diario da Matera dell'esondazione di Papaleo e della sua volgare macchietta, sintesi – lui dice o lascia intendere – della lucanità, che aveva inventato e canonizzato in "Basilicata Coast-to-Coast" e che ha riproposto, peggiorata ad hoc, quindi con l'aggravante della crudeltà, per "L'anno che verrà".

    "Fatemi un Fa! Che Fa di merda!": urla Rocco Papaleo all'orchestra de "L'anno che verrà", la diretta di Rai1 che, da piazza Vittorio Veneto (Matera), ha vegliato con gli italiani per ius sanguinis, soli e versamento del canone, sulla fine del 2015 e l'ingresso nel 2016.

     

    Non essendo, come il suo compagno di palco Amadeus, un integrato Rai, Papaleo ha ritenuto di sconvolgere il pubblico, offrendogli lo spettacolo della propria definitiva canonizzazione nel trash - ormai demodè persino su Mediaset. Non sa, Papaleo, che quel pubblico fatto di santi, poeti, navigatori è diventato refrattario o indifferente ai maltrattamenti dell'intrattenimento di Stato. Bisognava, per sentirsi insopportabilmente trafitti da quelle ore di diretta, essere lì, in quella piazza e, soprattutto, essere materani o limitrofi, insomma lucani. La città è riuscita ad accogliere l'evento (cercando di tradire in modo dimesso la sua nuova veste di capitale europea della cultura2019: a questo sono serviti i clippini mood pro loco di Silvia Salemi e Claudio Lippi, in giro per I Sassi) e le migliaia di persone accorse da mezzo Mezzogiorno (in molti anche da sopra Eboli), compresi gli adolescenti desiderosi di guidare a fari spenti nella notte, evitando che crollasse la piazza (costruita su ipogei, cioè su una pancia vuota). Nulla ha potuto, invece, Matera, sull'esondazione di Papaleo e della sua volgare macchietta, sintesi – lui dice o lascia intendere – della lucanità (ne aveva inventata e canonizzata una tutta per sé in "Basilicata Coast-to-Coast": l'ha riproposta, peggiorata ad hoc, quindi con l'aggravante della crudeltà, per "L'anno che verrà").

     

    Osannato fino alla nausea da Amadeus e dai suoi ospiti come anchorman di casa e venerato capo comico di una regione che alla storia della risata nazionale ha dato ben pochi contributi e se ne frega di colmare la lacuna (solo la Rai pensa il contrario), Papaleo è stato freddato dalla piazza, che essendo una piazza del sud sa che i panni sporchi si lavano in casa propria e quando casa propria è un salotto collettivo sa rimandare la lavanderia (il rimando, nella declinazione di vendetta che si serve fredda, è uno dei lussi della vita decelerata di provincia). Tenendo al decoro lucano molto più di quanto evidentemente ci tenesse Papaleo, la piazza materana gli ha riservato fischi calibrati (mai oltre il livello registrabile dalle telecamere) e la micidiale freddezza di applausi timidi, cioè impietositi.

     

    "Pomiciate, ché nessuno pomicia più!", ha detto Rocco al pubblico, guadagnandosi diversi e deliziosi "ma come parli?" (proferiti in italiano corrente, esatto). E sì perché Papaleo ha sciacquato i panni nel Basento (uno dei fiumi più grossi della regione), tirandone fuori un idioma più papaleiano che lucano, nel quale i lucani non hanno alcuna intenzione di universalizzarsi. A Matera non si dice pomiciare: si dice "imboscarsi" (la Lucania era terra di luce e boschi, dissero i latini), pratica che, quando i Sassi non erano un rione chic, né un presepe pro loco, si andava lì a esercitare, vista la libera disposizione di anfratti e coni d'ombra.

     

    "Rocco, sei un venduto!", urla un ventenne, all'ennesimo sfottò inelegante in cui Papaleo si produce per mettere in imbarazzo Silvia Salemi. E la sua ragazza lo riprende, anzi lo tacita (sprazzi di matriarcato): "Metti che ti riprendono, che figuraccia fai?".

     

    [**Video_box_2**]Lo sdegno costumato riservato a Papaleo, scudo con cui la piazza ha respinto i suoi civettuoli "vi amo, vi amo" (a nessuno è sfuggito che erano solo fumo negli occhi per nascondere il fatto di stare dicendo all'Italia che i lucani sono tutti come lui, quindi candidati ideali per una maschera della post commedia all'italiana, quella trash) è stato abbassato persino davanti alle affloscianti performance di Antonello Venditti, in versione non morto (qualcuno ha finto di confonderlo con Bennato, ma lui non ha sentito, grazie al cielo: pare sia un tipo permaloso), alle battute da Prima Repubblica di Amadeus, ai video in cui una signora anziana è stata costretta a dire a Lippi "portami Sgarbi, mi piace perché dice le parolacce" e insomma alla paranza di spettacolo da serie B (tanto siamo al sud: quando gli ricapita, a questi, di vedere qualche big, persino gratis?) e deposito forzoso nella casella "terroni".

     

    La capitale europea della cultura2019, etichetta del condono di ogni nefandezza (dopotutto, in nome della cultura si nobilita il peggio), ha tratto un enorme vantaggio dal trash di Rai1: ha capito come non vuole essere raccontata.

     

    In "Tu che mi guardi, tu che mi racconti", Adriana Cavarero, diversi anni fa, spiegò che ogni essere umano, per riconoscersi e conoscersi, ha bisogno del racconto che un altro fa di lui stesso. Al signor Rocco Papaleo nessun suo conterraneo sembra voler appaltare questo ruolo: speriamo lo capisca anche la Rai, per la prossima volta.