Angela Merkel con Vladimir Putin

Più Putin e più Merkel (ma con cautela). La politica estera vista dagli italiani

Maurizio Stefanini
Dalla paura terrorismo, alla crisi di Obama. Come cambia la nostra percezione di ciò che accade oltreconfine? Lo dice il nuovo sondaggio dell'Ispi.

Agli italiani la politica internazionale continua a importare poco, ma, forse anche per l’aumento del timore di attacchi terroristici nel nostro paese, l’interesse sta crescendo. È quel che emerge dall’edizione 2015 di “Gli italiani e il resto del mondo. L’attenzione, l’interesse, il coinvolgimento per le notizie di politica e cronaca internazionale”, quinta edizione di un sondaggio che ormai ogni anno l’Ispi, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, fa in collaborazione con Rai News e Ipsos. Secondo questo sondaggio, appunto, i molto interessati alla politica internazionale sono una minoranza, ma in decisa crescita: dal 15 per cento del 2014 al 23 per cento del 2015. Nello stesso periodo anche i moderatamente interessati sono cresciuti dal 39 al 51 per cento, mentre coloro a cui non importa proprio per niente sono passati da una maggioranza relativa del 44  per cento a solo uno su quattro.

 

Un aumento di interesse che trova le sue origini in una serie di concause.

 

Una di queste è il terrorismo, che sino un anno fa era percepito come una minaccia globale dal 30 per cento degli italiani, mentre ora ne intimorisce il 38 per cento. La crisi economica è invece caduta dal 30 al 12 per cento, e i cambiamenti climatici dal 18 al 15.

 

Se ci si focalizza invece su quella che è la maggiore problematica che può colpire il benessere della società italiana, i nostri connazionali hanno risposto che è ancora la crisi economica sebbene la percentuale sia scesa dal 67 al 40 per cento. Il terrorismo islamico è cresciuto dall’8 al 21 e l’immigrazione dal 13 al 21 (anche se la serie storica dimostra che a settembre l’immigrazione stava a 38 e il terrorismo al 13, e a marzo il terrorismo stava a 35 alla pari con la crisi e l’immigrazione al 13). È evidente quindi che l’attenzione e l’elaborazione di quanto successo a Parigi a gennaio e a novembre è ancora percepito come un trauma: sono stati infatti giudicati la notizia più preoccupante dell’anno dal 46 per cento degli intervistati, contro un 16 alla pari per la morte di più di 3.000 migranti nel Mediterraneo e per l’acuirsi della crisi migratoria in Europa: che sono poi in realtà la stessa notizia, ma vista da due punti di vista diversi. Guerra in Siria e emergenza rifugiati sono alla pari in testa col 30 per cento tra gli eventi percepiti come più sottovalutati: ma forse anche lì è la stessa notizia vista da due angolazioni diverse. E la percezione della Siria come il Paese più pericoloso è cresciuta dal 9 al 33, mentre l’Iran calava dal 25 al 16.

 

Questa nuova attenzione alla situazione mediorientale ha contribuito a determinare due cambiamenti di giudizio da parte degli italiani. Il primo riguarda la percezione della leadership mondiale in tematica di politica estera. Ed è questo un mutamento epocale, perché è tradizione che sembrava incrollabile la considerazione del presidente americano di turno come personaggio più influente nella politica estera. Nel 2014 Obama raccoglieva ancora il 40 per cento dei consensi, ora è sceso al 27, superato da Vladimir Putin passato dall’8 al 28 per cento.  E con il migliorare della valutazione presidente russo migliora anche quello complessivo della Germania. Putin e Merkel sono stati infatti i due personaggi politici più esposti mediaticamente, uno per l’intervento militare in Siria, l’altra per la scelta di aprire le porte della Germania ai rifugiati siriani. I tedeschi sono considerati il nostro miglior alleato in Europa dall 36 per cento degli intervistati. Al contempo però anche il nostro peggior avversario in Europa: ma una percezione questa calata dal 56 al 37.


Se gli italiani sono più preoccupati del terrorismo a livello mondiale e della crisi economica è perché forse ritengono che il governo Renzi è più efficiente sul primo fronte che sul secondo: 55 per cento di posizione positiva sul disimpegno anti-terrorismo, di cui 17 per cento di molto positivo. Però sulla politica verso i migranti di dice scontento addirittura il 67 per cento. Il 65 per cento vuole redistribuire i migranti per quote tra i vari Paesi europei, il 23 dice di chiudere le frontiere, solo il 4 di accogliere tutti. E il 50 per cento dice che bisogna comunque accogliere solo i fuggiaschi da guerre e conflitti, respingendo i migranti per motivi economici. Il 71 per cento degli italiani non vuole un coinvolgimento diretto nella guerra all’Isis, ma il rapporto 60-40 che nel 2014 c’era tra gli italiani che giudicavano sufficienti le spese per la difesa e quelli che le giudicavano insufficienti si è esattamente invertito, e anche quelli che considerano sufficienti le spese per la politica estera sono calati, anche se di pochissimo: dal 58 al 56. Renzi, comunque, è considerato il personaggio che promuove meglio l’Italia solo dal 10 per cento. Più dell’8 di Berlusconi di Salvini e del 7 di Grillo, ma Mattarella è al 14, Mario Draghi al 16 e Samantha Cristoforetti al 27.

 

I viaggi del Papa sono stati l’evento che ha dato più speranza: 26 per cento, contro il 18 del contenimento dell’emergenza Ebola, il 10 del disgelo Usa-Cuba e il 10 dell’accordo sulla crisi in Grecia. E il Vaticano ha infatti ulteriormente accresciuto una già fortissima reputazione di Paese che più fa per la pace nel mondo: dal 48 al 50. Ma curiosamente l’immagine di Papa Francesco come principale protagonista della politica internazionale è invece calata, dal 25 al 24.

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