La campagna del Foglio contro il boicottaggio d'Israele sbarca in Parlamento

Redazione
Su queste colonne abbiamo raccolto oltre 5.000 firme contro la decisione dell'Unione europea di marchiare i prodotti degli insediamenti israeliani. Ora un gruppo di parlamentari bipartisan chiede conto al governo italiano e critica il ministro degli Esteri dell'Ue Mogherini

La battaglia del Foglio contro la marchiatura dei prodotti israeliani decisa dall’Unione europea – che ha già raccolto oltre cinquemila firme, tutte disponibili sul sito – è sbarcata in Parlamento. Con un’interpellanza presentata da parlamentari di diversi gruppi politici (primo firmatario è Massimo Parisi, Ala), si è chiesto ai ministri dello Sviluppo economico e degli Esteri se il governo condivida la scelta della Commissione europea, con quale dicitura saranno etichettati i prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani nel Golan e in Cisgiordania e se l’esecutivo intenda proporre a Bruxelles l’adozione di provvedimenti simili in relazione a merci provenienti da territori occupati da altri stati “come ad esempio il Tibet e il Sahara occidentale”. Il sottosegretario allo Sviluppo economico, Simona Vicari, ha risposto che l’iniziativa europea avrà “un effetto pratico limitato” e nonostante ciò “le autorità israeliane paventano conseguenze negative sul proseguimento del dialogo Unione europea-Israele e velatamente sullo stesso rilancio del processo di pace”. 

 

Non è tanto il danno economico “limitato” – come il sottosegretario ha tenuto a sottolineare – a rilevare, quanto la portata simbolica di una marchiatura decisa proprio nel momento in cui l’unica democrazia del medio oriente è alle prese con la Terza intifada, una campagna terroristica che mira a eliminare i suoi civili (ancora ieri è stato neutralizzato un terrorista che aveva investito due militari). L’obiettivo implicito che si scorge dagli incartamenti brussellesi è quello di rendere Israele una sorta di stato paria, lasciato solo nella battaglia contro il fondamentalismo che punta alla sua distruzione. E, come ormai dovrebbe essere chiaro, anche alla nostra.

 

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