Vincenzo De Luca (foto LaPresse)

Il guasto non è De Luca ma la legge Severino

Redazione
La nuova puntata del caso De Luca, adesso indagato per corruzione perché avrebbe influenzato uno dei giudici che hanno redatto la sentenza con la quale il presidente della Campania ha potuto evitare le dimissioni effetto della legge Severino, ha ancora contorni assai confusi.

La nuova puntata del caso De Luca, adesso indagato per corruzione perché avrebbe influenzato uno dei giudici che hanno redatto la sentenza con la quale il presidente della Campania ha potuto evitare le dimissioni effetto della legge Severino, ha ancora contorni assai confusi. C’è della millanteria telefonica da parte dello spregiudicato marito di uno dei magistrati che firmò la sentenza? De Luca era vittima di un ricatto? Se la vedranno i giudici di Roma che indagano per competenza. Quello che non si può trascurare è che l’intera vicenda, questo pasticcio che si complica sempre più, nasce da una legge sbagliata: la Severino, appunto. Un discutibile strumento normativo, oggetto di ricorsi (anche in Europa), di sentenze che ne contraddicono lo spirito, una legge sottoposta persino a un accanito dibattito tra giuristi e accademici sulla sua legittimità anche costituzionale in quanto – sostengono in molti – la legge consente di far prevalere la logica del sospetto sui principi più basilari della civiltà giuridica (nei paesi liberali e democratici si considera innocente chiunque non abbia subito una condanna definitiva, mentre la legge Severino impone la decadenza di pubblici amministratori condannati in primo grado).

 

Ecco dunque il punto: l’accanimento giudiziario sommato a questa forma esasperata di moralismo produce mostri ed è fonte di scandalismo a uso dei mezzi d’informazione e della propaganda politica, tutte cose che sono l’esatto contrario della equa amministrazione della giustizia. Un caso come quest’ultimo che riguarda De Luca, in cui non viene esclusa la millanteria telefonica, un affaire suggestivo come questo di Napoli – diventato argomento per titoli di prima pagina poiché s’intreccia con la politica, con le prossime elezioni di maggio e la battaglia interna al Pd – dovrebbe suggerire un po’ di prudenza da parte di tutti (peraltro la sentenza che evitò a De Luca le dimissioni era stata emanata da un collegio giudicante di tre persone, ma solo una è indagata, il che contraddice il principio di collegialità che è una garanzia per gli imputati ma anche per i membri del collegio giudicante). Sarebbe ora, anche per evitare nuovi svarioni, di togliere di mezzo – modificare, magari correggere ed emendare – una legge che ha dimostrato ampiamente di essere fonte di convulsioni giudiziarie e istituzionali. E senza alcun effetto nel recupero di credibilità delle pubbliche amministrazioni.

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