Truman Saviano si autocandida per il Nobel (e si autodifende per interposto scrittore)

Mario Sechi
La cosa notevole, il passaggio impresso sul nobile (in)colonnato di Repubblica, quello che mostra in tutto il suo splendore l’ego smisurato di Saviano, arriva quando l’acclamato autore di "ZeroZeroZero" (titolo azzeccatissimo) parla di quello che lui chiaramente considera un suo pari, Truman Capote.

Per la serie ciclostile, Roberto Saviano parla del “nobel e del riscatto dei libri verità”. Perché per la prima volta “viene premiata la narrativa non fiction” e dunque il prossimo candidato per un volo letterario in Svezia, c’è da scommetterci, sarà lui. L’autostima non manca. Ma la cosa notevole, il passaggio impresso sul nobile (in)colonnato di Repubblica, quello che mostra in tutto il suo splendore l’ego smisurato di Saviano, arriva quando l’acclamato autore di "ZeroZeroZero" (titolo azzeccatissimo) parla di quello che lui chiaramente considera un suo pari, Truman Capote, autore di un paio di capolavori, tra cui "Colazione da Tiffany" e "A Sangue Freddo", la cronaca di un caso giudiziario che sconvolse l’America: il quadruplice omicidio della famiglia Clutter. La scena si svolge in Kansas, gli assassini si chiamano Perry Edward Smith e Richard Eugene Hickock. Lo scrittore si appassiona alla vicenda, con l’amica d’infanzia Harper Lee comincia una lunga indagine sul caso, assiste al processo, incontra gli assassini, ricostruisce i fatti e scrive il primo esempio di non-fiction novel della letteratura americana. "A Sangue Freddo" fu accolto da mille polemiche, ma non per una faccenda da copycat o drag and drop di testi wikipedianti. Quello narrato da Capote era il Kansas, l’America degli anni Sessanta, non era – e non è – la scintillante New York City frequentata dai Saviano boys. Il Kansas era – e ancora è – campagna, mezzadri, cowboys, vacche e praterie (dovete andarci in Kansas, per vedere il Kansas).

 

Saviano prende la vicenda della pubblicazione di "A Sangue Freddo" e la usa per difendersi (ancora) dalle accuse di avere la manina retrattile quando si tratta di attribuire a Cesare quel che è di Cesare, ai giornalisti il proprio unico valore: la paternità della notizia. Dettagli, andiamo avanti, ecco il passaggio epico di Saviano: “Truman Capote scrisse: 'Ho questa idea di fare un grande e imponente lavoro; dovrebbe essere esattamente come un romanzo, con un'unica differenza: ogni sua parola dovrebbe essere vera, dall' inizio alla fine'. Per Capote oggi sarebbe stato ancora più difficile scrivere e difendere 'A sangue freddo'. Lo hanno massacrato quando è uscito e oggi avrebbero fatto di peggio, perché il peccato capitale di manipolare (che non vuol dire falsificare) la realtà viene visto come un'invasione di campo da parte di chi fa cronaca”.

 

Così Saviano ha inventato un altro genere letterario: l’autodifesa per interposto scrittore. Tiè, Daily Beast. Ma c’è di più, quella di Saviano è una strabiliante metamorfosi, la declinazione della vita in un nuovo format per "Amici", un pastiche che fonde realtà e irrealtà, cinema e televisione, un “affresco letterario” (così declama, il Saviano) che prendendo un po’ di Capote qui e tanto Jim Carrey là diventa un tragicomico refuso tipografico. No, non è il Truman Show, là il protagonista (ri)conosce l’irrealtà in cui vive, è un altro spettacolo, è il Truman Saviano.

 

p.s. Notizia: Saviano cita la sua fonte d’ispirazione, è Philip Gourevitch, il pezzo da cui origina il dibattito (americano) si intitola “Nonfiction Deserves a Nobel”, è stato pubblicato sul New Yorker il 9 ottobre del 2014 e s’accompagna a un altro articolo, sempre di Gourevitch, intitolato “Nonfiction wins a Nobel” pubblicato sempre sul New Yorker l’8 ottobre del 2015. Ispirazioni. Citazioni.

 

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