Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (foto LaPresse)

Che statista Tsipras, che parole Mattarella, ma ci vorrebbe un po' di testosterone in più

Lanfranco Pace
Promosso il leader di Syriza che ha smesso di essere un venditore di balocchi. Promosso il clan dei Casamonica che onorano come Quei bravi ragazzi il loro caro. Bocciata l'ipocrisia e il moralismo da due spicci di giornalisti e politici sul caso. Il Pagellone fogliante della settimana politica di Lanfranco Pace

E’ NATO UNO STATISTA

 

Alexis Tsipras impara molto in fretta. Mette su una conglomerata di sinistra dalle tante anime come sognano di fare in mezza Europa. Abborraccia un programma di illusioni e fumisterie a uso di elettori sfiancati dalla crisi. Vince. Tratta, malissimo, con Bruxelles e Berlino. Si tira d’impiccio con un referendum popolare in cui difende il punto di vista opposto a quello che difendeva prima, fa dunque un cambiamento a 180 gradi. Vince, fa fuori il ministro delle finanze assai astruso che era diventato il beniamino  della sinistra caviale e champagne mondiale. Rompe con la sinistra interna alla coalizione che lo sostiene, si dimette e indice nuove elezioni, forte del suo solo nome e dell’assenza di alternative credibili. Si sente sicuro della vittoria con una larga maggioranza, questa volta nella chiarezza, e di portare la Grecia a reggersi finalmente sulle sue gambe.

 

Una piroetta come la sua la si vide solo con il Generale De Gaulle ai tempi dell’Algeria  francese. Una tale capacità di adattarsi istantaneamente alla complessità della politica  la si è vista solo con un certo sindaco di città  d’arte italiana. La sinistra europea ha perso un venditore di balocchi e trovato uno statista. Ad Alexis Tsipras, voto 10.

 

 

PAROLE CORAGGIOSE MA…

 

Il presidente Mattarella è, a mia conoscenza,  il primo politico italiano ad aver parlato apertamente di rischio di terza guerra mondiale. Ha avuto dunque il coraggio della verità. Manca ancora un passo alla presa d’atto della realtà e delle sue conseguenze, che non è possibile regolare i rapporti con l’islam fondamentalista con la diplomazia, né con il dialogo religioso né con la politica né con Bernardino Leon, ma solo con l’uso di una forza “incommensurabilmente superiore”. Al presidente dagli occhi azzurro chiaro, voto 8: con l’augurio però che malgrado la prudenza cui è obbligato dal suo ruolo istituzionale si ricordi che è anche il capo delle forze armate. Un po’ di testosterone ogni tanto  fa bene: rende più liberi e sicuri.  

 

 

IL FUNERALE E LE ANIME BELLE

 

Muore Vittorio Casamonica, patriarca dell’omonimo clan di sinti che vive a Roma dalla metà degli anni Sessanta e a Roma ha prosperato, indisturbato o poco disturbato, con traffici per lo più illeciti. Gli viene reso onore con un funerale grandioso, un carro funebre nero trainato da cavalli neri con pennacchio, petali di rosa lanciati da un elicottero, macchine lussuose e colonna sonora del film il Padrino: un mix di cultura rom e kitsch hollywoodiano che dovrebbe al più interessare un etno-antropologo scatena invece una di quelle polemiche roventi intorno al nulla di cui solo noi abbiamo il segreto.

 

Strillano come aquile i mediocri politici del giorno dopo, i Marino, gli Alfano, i Sel e i Cinque stelle, la Bindi: chiedono conto al prefetto perché non ha impedito e al prete perché ha celebrato la cerimonia religiosa.

 

Strillano come aquile i giornalisti, scoprono che il clan controlla i traffici in una parte delle periferie romane e tramite una rete di alleanze la zona  sud-est fino ad Ostia: denunciano lo sfregio fatto alla legalità, all’autorità statale, e dove erano i vigili urbani e dove erano le forze dell’ordine. Su, stanno tutti a leggere “Suburra” di Bonini e De Cataldo.

 

L’ascesa del clan criminale precede e di  parecchio la morte del boss, la pacchianeria, le case insensate con rubinetti d’oro e altre leccornie sono una costante nel ramo. Non è questo il momento per cadere dal pero e fare  domande su complicità e lassismo del passato. Questo è il momento della morte, c’è un uomo che muore e i suoi cari hanno il diritto di onorarlo come meglio credono. Voto 8 ai criminali, sfrontati e sgargianti come Quei bravi ragazzi di Scorsese, 9 al prete che ha spiegato nel modo più naturale del mondo che il suo mestiere è appunto fare il prete e non il poliziotto. Voto 4, alla pletora dei politici inetti se non nel fare dichiarazioni indignati. Voto 2 ai giornalisti, survoltati e ipocriti. E 10 all’ex sindacalista Pier Giorgio Cremaschi, che ha detto che il funerale è il perfetto specchio di uno stato che funziona  solo quando toglie a lavoratori e pensionati. Un cult.

 

LE DETAIL C’EST FINI

 

Finalmente la figlia ha ucciso il padre e il partito buttato fuori il fondatore: non è certo un male che i blu marine di Francia si siano decisi a espellere Jean Marie Le Pen. In vista delle presidenziali del 2017 Marine, la figlia, trarrà vantaggio dall’aver preso le distanze dal vecchio  antipatico e ingestibile genitore. Ero in Francia quando disse,  n una trasmissione radiofonica  se non ricordo male su Rtl, la frase che gli mise contro tutto e tutti per sempre. Non disse nulla di negazionista, nulla di comparabile a quanto andava dicendo l’improbabile storico Roger Faurisson che a botta di planimetrie dei fabbricati dei campi di sterminio, di misure dell’efficacia letale del gas Zyclon voleva convincere il mondo che gli ebrei sterminati fossero sì e no centomila e in parte morti di stenti. Le Pen disse che le camere a gas furono un punto di dettaglio in una guerra che aveva fatto settanta milioni di morti, devastato due continenti, visto l’impiego di armi nucleari, posto fine alla plurisecolare egemonia inglese, diviso il mondo in due, assegnato il ruolo di guida del mondo libero e di sola superpotenza mondiale  agli Stati Uniti, eventi che hanno cambiato la vita quotidiana materiale dell’umanità e le cui conseguenze sono visibili ancora oggi: per dire senza la seconda guerra mondiale non ci sarebbe stata la Silicon Valley. Le Pen è un ex paracadutista, la sua è una destra non repubblicana ma vichista, è un rozzo, ma in tutta sincerità non ho mai pensato che con quelle parole volesse sminuire la shoah o disconoscerne l’indicibile orrore. Hanno preso la palla al volo per farlo a fette, comunque voto 4. E 8 alla figlia Marine che ha messo fine all’eccezione in modo non traumatico, anche se la sagra di famiglia non è certo finita.

 

 

… E PER FINIRE

 

Si chiamano Chiara Geloni e Sofia Ventura e su twitter sono le eroine dell’antirenzismo, al premier e ai suoi seguaci non perdonano nulla, sarcasmo e bastonate qualsiasi cosa facciano o dicano. Ora capisco la Geloni, è toscana, figlia di democristiani di sinistra nonché azionista di lungo corso della ditta. Ma Sofiajeanne è studiosa di scienze della politica, radicale e libertaria. Come si dice, le vie contro il signore sono infinite.

 

  • Lanfranco Pace
  • Giornalista da tempo e per caso, crede che gli animali abbiano un'anima. Per proteggere i suoi, potrebbe anche chiedere un'ordinanza restrittiva contro Camillo Langone.