Papa Francesco con il segretario della Cei Nunzio Galantino (foto LaPresse)

Sui migranti il Papa fa il Papa, non il politico. Mons. Galantino farebbe invece bene a rileggersi il Concordato

Redazione
La differenza di atteggiamento tra il Pontefice e il segretario della Cei sta nell’attenzione prestata da Francesco, pur nella nettezza delle sue prese di posizione a favore dell’accoglienza, a restare sempre sul terreno della fraternità umana, senza scendere su quello politico.

I giudizi ruvidi di monsignor Nunzio Galantino sui “quattro piazzisti da quattro soldi che pur di prendere voti, di raccattare voti, dicono cose straordinariamente insulse” hanno ottenuto lo scopo, quello di una sovraesposizione mediatica straordinaria, ma rappresentano anche un intervento eccezionalmente diretto nel confronto politico. Dire che in quelle parole non c’è altro che la traduzione in un linguaggio spiccio del messaggio del Pontefice forse è un po’ semplificatorio. La differenza sta nell’attenzione prestata da Francesco, pur nella nettezza delle sue prese di posizione a favore dell’accoglienza, a restare sempre sul terreno della fraternità umana, senza scendere su quello politico. Il tema prescelto per la giornata della Pace, come è stato annunciato ieri, sarà “vinci l’indifferenza, conquista la pace”, e si riferisce alle “gravissime questioni che affliggono la famiglia umana, quali il fondamentalismo e i suoi massacri, le persecuzioni causa della fede e dell’etnia, le violazioni della libertà e dei diritti dei popoli, lo sfruttamento e la schiavizzazione delle persone, la corruzione e il crimine organizzato, le guerre e il dramma dei rifugiati e dei migranti forzati”. Lo scopo è quello di “costruire insieme un mondo più consapevole e misericordioso, e quindi più libero e giusto”. In questa enunciazione colpisce l’assenza di ogni riferimento agli Stati e ai loro conflitti, anche se il tema centrale è la pace che dipende in larga misura proprio da questi conflitti. E’ il segno di un atteggiamento umanitario che non cerca immediate proiezioni politiche.

 

Sui temi dell’immigrazione il Papa ha detto parole nettissime, come quando ha denunciato il rifiuto dei soccorsi ai migranti come un atto di guerra. Non ha però aperto una contesa politica con nessuno Stato e con nessun partito, non ha nemmeno preso posizione esplicitamente sulla presenza di milizie e di trafficanti che gestiscono in modo criminale il traffico di uomini dalle coste della Libia. Si mantiene su un livello diverso, in base a un’ispirazione spirituale che punta soprattutto alla redenzione delle coscienze. Si può dissentire da questo abbandono del terreno della politica, che è poi quello della ricerca concreta delle soluzioni, ma si può vedere la distanza tra questa impostazione e quella più terrena di monsignor Galantino, che, anche per questo, si infila in una polemica che non può avere soluzione. Tra le cose “straordinariamente insulse” che attribuisce ai “piazzisti” c’è il nodo della sovranità e dell’identità delle nazioni e dei loro confini, tema col quale la chiesa ha avuto a che fare con esiti alterni almeno da mille anni. Cercando la chiarezza e la mediaticità, il segretario della Cei ha trascurato di tener conto di una tradizione lodevole di prudenza che ha contraddistinto la chiesa nel rapporto con i valori della nazione almeno dal Concilio in poi. Se anche i “piazzisti” si esibiscono in piazzate spesso indecorose, e lo hanno fatto anche replicando a Galantino, questo non significa che non esprimano seppure rozzamente aspirazioni alla salvaguardia dell’identità nazionale (compreso quel carattere per cui, come disse Benedetto Croce, non possiamo non dirci cristiani) che non dovrebbero essere banalizzate e disprezzate.