Papa Francesco (foto LaPresse)

Così Francesco il contropiedista dribbla chi vorrebbe fare di San Pio un'immaginetta poco misericordiosa

Maurizio Crippa
Padre Pio da Pietrelcina è stato anche una (involontaria) icona della lotta fra tradizione e modernismo nella chiesa. Ancora oggi, c’è chi lo contrappone a Bergoglio.

Buon contropiedista, pur con le scarpe ortopediche, efficace nelle verticalizzazioni improvvise che puntano dritte all’obiettivo, al bersaglio grosso, Papa Francesco ha messo a segno un altro di quei suoi ribaltamenti di fronte, quei suoi cambi di segno intelleggibili anche ai semplici, per cui va celebre e che sconcertano, a turno, i suoi (incauti) laudatori e i suoi (prevenuti) detrattori. Il corpo di San Pio da Pietrelcina (il frate cappuccino fu canonizzato nel 2002 da Giovanni Paolo II, il Papa di cui aveva predetto l’elezione) sarà esposto in San Pietro all’8 al 14 febbraio 2016, Mercoledì delle Ceneri, il giorno in cui Bergoglio invierà in tutto il mondo i “missionari della Misericordia”, conferendo loro speciale mandato di predicare, confessare e rimettere i peccati durante il Giubileo della Misericordia. Il contropiede non sta nel fatto di mettere sotto la protezione di un Santo Confessore, il più celebre dei confessori novecenteschi, i suoi “missionari” addetti al perdono. Sta piuttosto nel fatto che il santo frate, col suo corpo stigmatizzato, con la sua predicazione popolare e rude capace di evocare l’Inferno e il Paradiso, con i suoi miracoli da mistico premoderno è sempre stato l’icona (l’immaginetta, a volte) della restistenza umana, o sovrumana, della chiesa tradizionale contro le due minacciose modernità del Novecento: la modernità del mondo, e soprattutto quella della chiesa. Del forte impatto mistico, allegorico di Padre Pio fanno parte anche alcune coincidenze simboliche che provocano allo stupore i semplici devoti, e fanno invece saltare la mosca al naso agli chierici intelletuali. Nato il giorno in cui Francesco Crispi tolse i crocefissi dalle scuole, fu sulla terra per cinquant’anni un “Crocefisso vivente” e un “uomo dei dolori”, con quelle stimmate ricevute nell’anno simbolo del dolore del mondo, il 1918. Morì infine nel 1968, l’anno della “Humanae Vitae” e della Grande Tempesta nella chiesa. Ce n’è abbastanza per farne un difensore della fede e della tradizione. Tantopiù che in vita fu tormentato da “modernisti” di ogni tipo, dallo scientista Padre Agostino Gemelli, che non credeva al suo corpo miracoloso, a Giovanni XXIII, che a lungo sospettò del frate, iil quale del resto non ebbe mai parole entusisate per il Concilio Vaticano II e le sue innovazioni, a partire dalla riforma liturgica. Non a caso la sua immagine non ha mai entusiasmato i cattolici progressisti, mentre è invece ammirata dai tradizionalisti. “Padre Pio subì nel corso della sua vita numerose incomprensioni e calunnie, per le quali dovette subire umilianti ispezioni canoniche… Quel periodo sarà ricordato come quello di più dura persecuzione nei confronti del santo di Pietrelcina. Giovanni XXIII non comprese mai la santità di padre Pio”, per dirla con le parole dello storico Roberto De Mattei, sul Foglio di qualche anno fa. Ma anche per don Gianni Baget Bozzo, il fatto che Giovanni XXIII “non amasse il futuro santo fa comprendere meglio lo spirito con cui Roncalli convocò il Vaticano II”. O per dirla, a mo’ di controprova, con un laico come Michele Serra, ai tempi della canonizzazione: “Tra il culto del dolore di Padre Pio e il cattolicesimo sorridente e quasi allegro di Giovanni c’è un baratro, sangue e penitenza da una parte, la famosa carezza ai bambini dall’altra. Entrambi al centro di un culto popolare esteso… il loro differente destino ci aiuta a inquadrare i nostri tempi. Evidentemente questi sono tempi di stimmate e di fanatismo, non di sorriso, non di luna piena sopra gli uomini di buona volontà”.

 

Lo storico Sergio Luzzatto, ha dedicato qualche anno fa un bel libro alla complessa figura di Francesco Forgione e alla complessa edificazione del suo culto nell’Italia che usciva dalla civiltà contadina per avviarsi alla modernità: “Padre Pio - Miracoli e politica nell’Italia del Novecento” (Einaudi). Un libro che ricostruire con completezza il contesto storico in cui la vicenda del cappuccino di Pietrelcina è collocata., ma che ha soprattutto il merito cogliere in Padre Pio il focalizzarsi del grande scontro tra una fede tradizionale, il laico Luzzatto la definisce “arcaica”, che si identifica nella figura carismatica e “complessa” del frate-confessore e un cristianesimo che prova a farsi moderno, adatto a vivere nel secolo. Padre Pio dunque come l’icona dello scontro tra modernismo e tradizione, ortodossia e positivismo.

 

Il tempo, e la canonizzazione, hanno sottratto in parte San Pio da Pietrelcina a queste dispute che non gli appartengono – per qunto, tutt’altro che sprovveduto, avesse le sue opinioni sul “rinnovamento” della chiesa. Eppure anche oggi la massa dei pellegrini che si reca a San Giovanni Rotondo, la fede e la mediaticità (radio, tv, guornali) che vive attorno al culto del santo – e al corpo del santo – esprime un tipo di religiosità lontana dalle movenze interiorizzate, intellettualizzate del cattolicesimo post conciliare. E non è difficile trovare negli scritti e articoli di cattolici tradizionali(sti) la figura poco misericordiosa (più che altro niente affatto lassista) di Padre Pio contrapposta a quella troppo “chi sono io per giudicare” di Papa Bergoglio. C’è poi un aspetto fortemente mistico nell’esperienza di Padre Pio, lo messo in luce qualche anno Antonio Socci nel suo “Il segreto di Padre Pio”, che tanto risulta estraneo al “gusto” contemporaneo del cristianesimo conciliare, tanto affascina i pellegrini, i frequentatori di gruppi di preghiera e i tanti cattolici che vanno riscoprendo una forma religiosità anti-laica.

 

[**Video_box_2**]Le cose poi non stanno rigidamente così, basterebbe pensare che un Papa poco mistico, molto intellettuale e per qualcuno eccessivamente “progressista” come Paolo VI fu invece attento al Padre, e ne facilitò l’apostolato e appena eletto Papa gli garantì la piena libertà nel suo ministero confessionale. Il contropiede di Bergoglio sta in realtà tutto nella semplicità con cui vanifica queste schematizzazioni, che sono sia mediatiche sia ecclesiali (meglio: clericali). Bergoglio è un Papa di religiosità popolare, a suo modoc un mistico. E’ certamente un gesuita che “nec cantat nec rubricat” e che non dice la messa in latino, ma non si può certo dire che  non abbia una devozione per la semplicità sacramentale della liturgia, o non ami le immagini tradizionali della fede popolare, basti pensare che andò a omaggiare la Salus Populi Romani, l’immagine sacra della Madonna di Santa Maria Maggiore il giorno dopo l’elezione. Parla del diavolo (quasi) quanto padre Pio, con gli stessi accenti antichi e antimoderni. Che abbia voluto non solo l’immagine, o l’evocazione spirituale, ma il corpo, il corpo del santo con le stimmate per mostrare fisicamente la sua idea di misericordia non è così strano.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"