Raffaele Cantone (foto LaPresse)

Un'anticorruzione giustizialista soffoca la ripresa. Lettera a Cantone

Redazione
Caro Presidente, bene la lotta contro l’illegalità. Ma mi chiedo se sia legittimo entrare così pesantemente sulla gestione di un’impresa, sostituendone gli amministratori, in una fase di indagini che non ha prodotto pronunciamenti dell’autorità giudiziaria o, addirittura, in presenza di meri elementi indiziari.

Egregio Presidente Cantone. Desidero rivolgermi a lei in forma pubblica per segnalarle alcune criticità del settore degli appalti che alterano la concorrenza e incidono pesantemente sul corretto andamento del mercato, sulle quali ritengo che l’Autorità da Lei presieduta possa alzare l’asticella dell’attenzione. Perché non estendere la meritoria analisi svolta dall’Autorità sulle procedure negoziate e gli affidamenti in economia anche ai lavori in house (lavori affidati, senza gara, a soggetti controllati dalle stazioni appaltanti)? Forse anche qui ci accorgeremmo di tante anomalie e di frequenti abusi. Quante stazioni appaltanti avvertono la suggestione del ricorso a tale istituto per aggirare l’ostacolo del concorso concorrenziale, pur non sussistendo gli stringenti presupposti stabiliti dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale? Credo che troveremmo diverse sorprese. Perché non dedicare giusta attenzione al fenomeno dell’accorpamento degli appalti? E’ noto infatti che l’attuale normativa impone di suddividere i grandi appalti in più affidamenti di taglio ridotto per favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese, a meno che ciò non sia impedito da precise ragioni di ordine tecnico, che vanno motivate. Sono certo che il monitoraggio consentirebbe la verifica dell’insussistenza, in molti casi, dei presupposti per l’accorpamento, con elusione palese dell’obbligo di motivare la mancata suddivisione in lotti. E ancora. Perché non approfondire se tutte le concessioni in atto hanno realmente tale natura, ovvero siamo in presenza di appalti “mascherati”? E’ noto infatti che il rischio della gestione economica dell’iniziativa, che nella concessione dovrebbe gravare sull’impresa, in molti casi viene traslato sulla collettività attraverso l’intervento economico dello Stato. Basti pensare ad alcuni concessionari autostradali che, non riuscendo a coprire l’investimento con il pagamento del pedaggio, richiedono ed ottengono il sostegno economico pubblico. Sono certo che l’Autorità nell’esaminare attentamente questi fenomeni possa dare un valido contributo nell’azione di regolazione del mercato.


Egregio Presidente, voglio però rivolgermi a Lei anche per il ruolo che viene riconosciuto all’Autorità nell’azione di riordino del quadro normativo esistente. Il tema è quanto mai attuale, considerato che il Parlamento è chiamato ad approvare la legge delega per la riforma del Codice degli appalti, che regolamenta l’affidamento e l’esecuzione di tutti gli appalti pubblici banditi sul territorio nazionale. Provo pertanto ad elaborare alcune riflessioni su specifici argomenti, nella speranza che possano incontrare la Sua condivisione e, di conseguenza, trovare riconoscimento nella stesura del nuovo testo normativo. In tema di concessioni di lavori è auspicabile un intervento volto a sanare l’anomalia di quelle affidate senza gara, vietandone la proroga e prevedendo che i lavori oggetto della concessione vengano interamente affidati in appalto a terzi. Non credo che sia più sostenibile l’esistenza di riserve di mercato a favore di pochi privilegiati. Per quanto riguarda la qualificazione delle imprese, condivido la proposta di inserire tra gli elementi di valutazione criteri reputazionali che riflettano la storia e la consistenza delle imprese. Solidità finanziaria, possesso di certificazioni di qualità, ambientali e di sicurezza, anzianità, consistenza di manodopera e di attrezzature sono certamente requisiti che permettono di attribuire all’impresa premialità ai fini della qualificazione.

 

Estrema attenzione però va dedicata ad altri parametri di premialità, quali il mancato ricorso al contenzioso e il rispetto dei tempi e dei costi dell’appalto. Può essere penalizzata l’impresa che legittimamente ha attivato un contenzioso per tutelare i propri interessi? Può essere penalizzata l’impresa che non ha rispettato i tempi e i costi dell’appalto per cause a lei non imputabili? Chi deve valutare i comportamenti delle imprese per escluderne la temerarietà e la strumentalità? Credo che rischiamo di infilarci in un tunnel di cui non si riesce a vedere la fine.

 

Per finire, un accenno ai criteri di aggiudicazione. Il disegno di legge delega esprime un favore, rispetto al massimo ribasso, per l’utilizzazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, anche quale rimedio ai ribassi anomali.

 

Due sono i motivi che mi inducono a non condividere la proposta, in special modo per gli appalti sotto soglia comunitaria. Il primo è che il ricorso all’offerta economicamente più vantaggiosa non può prescindere dalla necessità dell’apporto progettuale del concorrente in relazione alle caratteristiche del lavoro da realizzare. Non tutti i lavori ne hanno necessità. Il secondo è che l’uso di tale criterio per combattere i ribassi anomali appare improprio. Altri, a mio avviso, sono gli strumenti idonei: ad esempio, la preventiva individuazione di meccanismi di esclusione automatica delle offerte anomale, tra i quali scegliere solo in sede di gara quello che sarà utilizzato. Ciò permetterà ai concorrenti di formulare offerte più congrue rispetto ai lavori oggetto dell’appalto.

 

Egregio Presidente, le domande che le ho posto e le considerazioni che ho sviluppato riflettono le preoccupazioni e le proposte delle nostre imprese e mi auguro possano rappresentare sollecitazione per l’Autorità nello svolgimento del suo delicato compito istituzionale e supporto nell’attività di rivisitazione della normativa di settore.

 

Un accenno, per concludere, voglio farlo alla recente normativa sul “commissariamento” dell’impresa oggetto di indagini della magistratura.

 

Se da una parte è comprensibile che il legislatore abbia voluto dare una risposta immediata all’allarme suscitato dalle indagini su importanti opere pubbliche, dall’altra non posso sottacere perplessità sullo strumento adottato e sui presupposti per attivarlo. Mi chiedo, Le chiedo, se sia legittimo entrare così pesantemente sulla gestione di un’impresa, sostituendone gli amministratori, in una fase di indagini che ancora non ha prodotto alcun pronunciamento dell’autorità giudiziaria o, addirittura, in presenza di meri elementi indiziari. Mi chiedo, Le chiedo, ancora con quale logica il commissario nominato al posto dell’amministratore gestirà l’impresa. Non certo con logiche imprenditoriali, ma al solo fine della “completa esecuzione del contratto di appalto”. Cosa succede poi se l’impresa dovesse uscire indenne dalle indagini o dal processo che eventualmente ne deriverà?
Grazie dell’attenzione.

 

Edoardo Bianchi, presidente dell’Acer, Associazione dei costruttori edili di Roma e provincia

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