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Accordi civili sulle unioni civili

Redazione
L’avvio della discussione nella commissione parlamentare del Senato sulle unioni civili delle coppie omosessuali non è, a quanto pare, una replica degli analoghi confronti svoltisi nelle legislature precedenti in un clima di scontro che ha finito col produrre un nulla di fatto.

L’avvio della discussione nella commissione parlamentare del Senato sulle unioni civili delle coppie omosessuali non è, a quanto pare, una replica degli analoghi confronti svoltisi nelle legislature precedenti in un clima di scontro che ha finito col produrre un nulla di fatto. Due punti essenziali appaiono comuni a quasi tutti gli schieramenti: vanno risolte le questioni patrimoniali, assistenziali e previdenziali sulle quali, a parità di contribuzione fiscale o parafiscale ci sono differenze di trattamento, ma questo non significa equiparare questi accordi al matrimonio, queste coppie alla famiglia come è descritta nella Costituzione. Se si resta ancorati a questi due princìpi esiste lo spazio per un accordo ampio, ma naturalmente c’è anche la tentazione di spingere su uno o l’altro di questi elementi in modo unilaterale, in modo da far saltare l’equilibrio possibile e conferire alla legge il senso della vittoria ideologica di una parte sull’altra. Il Partito democratico, alleandosi con il Movimento 5 stelle in commissione, ha prefigurato una forzatura su tre aspetti. Quello di considerare l’unione omosessuale come una famiglia attribuendo a essa e non ai membri della coppia specifici diritti.

 

L’accesso senza condizioni particolari alla reversibilità della pensione, che potrebbe invece essere legata alla durata della coabitazione o, a un calcolo della differenza di età, come accade quando si sceglie di cointestare una pensione privata. Attribuire alla coppia un “nome di famiglia”, fatto puramente simbolico e inessenziale, che serve solo ad attestare quella che su Repubblica viene chiamata una modificazione nell’antropologia della famiglia. Se si travalica il riconoscimento della parità di condizioni di cittadini membri di una coppia omosessuale per passare alla ridefinizione dell’antropologia della famiglia in base a una confusa ideologia gender si creano tutte le condizioni per riaprire una corsa ideologica e anche religiosa di cui per primi gli omosessuali che intendono stabilizzare la loro relazione farebbero volentieri a meno. Allo squillo delle trombe gender risponde lo squillo di quelle ipertradizionaliste, poi tacciate, spesso senza fondamento, di omofobia. Lo stato ha interesse alla stabilità di tutti i rapporti come elemento dell’ordine civile, ma non ha né il diritto né la funzione di dettare le regole dell’ordine morale, tanto meno in base a una patetica concezione dello stato etico gender.

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