Marco Missiroli

Quanto è deprimente il maschio italiano che fa sesso nei libri dello Strega

Antonio Gurrado

I riflettori su Elena Ferrante hanno impedito di notare che al prossimo Premio Strega si scontreranno due modelli erotici contrapposti di maschio italiano fallimentare. L’ha intuito anche Saviano che, quattro giorni dopo aver lanciato l’autrice e/o, ha elogiato su Facebook il candidato della propria scuderia.

I riflettori su Elena Ferrante hanno impedito di notare che al prossimo Premio Strega si scontreranno due modelli erotici contrapposti di maschio italiano fallimentare. L’ha intuito anche Saviano che, quattro giorni dopo aver lanciato l’autrice e/o, ha elogiato su Facebook il candidato della propria scuderia: “Atti osceni in luogo privato” di Marco Missiroli (Feltrinelli). Le parole di Saviano testimoniano un’attenta lettura del risvolto di copertina. Definisce il romanzo “lunga fune utile a scalare ogni vetta” e “collana di pietre colorate”, in cui l’autore mostra “le proprie viscere, ferendosi, come ogni scrittore deve sempre fare”, con una prosa che “rifrange la luce in mille modi diversi” e offre “occasioni molteplici di riflessione e punti di vista assai peculiari sulle questioni che riguardano l’esistenza”. Ciò nonostante il romanzo è bello e decisamente premiabile; oltre alle viscere mostra la strada di una mesta evoluzione del maschio italiano per cui ormai “il vero amplesso è il non fatto, il mai avuto, lo sfioramento eterno” e l’eros “l’arte di immaginare situazioni realistiche con possibilità di fallimento”.

 

Quest’ombra rabbuia una storia potenzialmente allegra, se non da B-movie (lo sfigato vergine a vent’anni lo fa con la bonazza desiderata da tutti e diventa inarrestabile trombeur), condendola d’intellettualismo con un tocco di Harper Lee poiché l’amata è nera: infatti, nell’amplesso in cui gli scappa detto “negra”, i due sospendono l’attività increduli che lui stesse così “perdendo del tutto la purezza”. Figlio di una donna che crede nel karma e nel preservativo, e che individua nella troppa felicità umana il motivo per cui Dio si spazientisce, finisce per andare con donne che si chiamano Frida in onore della Kahlo, che leggono Repubblica, che lo mollano per iscritti alla Gioventù comunista, che sussurrano di voler svelargli un posto segreto e quando già monta l’acquolina lo portano in un centro culturale per immigrati. Donne che reputano le tette grosse una maledizione che preclude la danza classica e costringe a restare chine sui libri. Il raffreddamento del maschio sarà mica colpa loro?

 

Fatto sta che facendo l’amore col protagonista lo fanno con gli autori che si porta dentro, da Camus (“eravamo tutti étrangers”) a Faulkner e Carver e, poiché Harper Lee non basta, anche Anna Frank. Scopano col fardello dell’uomo bianco. Lui biasima il gioioso “intellettualismo sessuale” di Henry Miller ma ha un papà che gli consiglia di “tramortire le donne” con metafore tipo “isola senza mare”. Allora nel romanzo l’osceno diventa “acme primordiale”, “estuario di vitalità”, “aurora boreale”: in trentuno cedono di schianto, sancendo la funzionalità del consiglio paterno.

 

[**Video_box_2**]Il modello erotico di Missiroli è quello dell’uomo che ammette di disprezzare la bellezza folgorante: sarà questo il motivo del rattrappimento della seduzione? Un altro romanzo pronto a certificare che il sesso si è intristito è però il candidato Mondadori: “Chi manda le onde” di Fabio Genovesi, diverso ma altrettanto premiabile e altrettanto impietoso nello schiantare contro fallimenti e metafore l’immagine letteraria del maschio italiano, un dì gloriosa. Qui un insegnante di terza fascia, lungi dal disprezzare la bellezza benché laureato, cerca di conquistarne solarità e schiettezza in una sciampista. E’ la bella del liceo, che con gli anni migliora e promette sviluppi da commedia scollacciata; se non che i tentativi di seduzione sempre più convoluti si rivelano patetici, controproducenti. Poiché insistendo prima o poi qualcosa si ottiene, ecco che l’agone erotico nella Panda griffata Italia 90 ha un che di miracoloso (“non ha mai messo le mani addosso a una donna così stupenda”) e lui, per non eiaculare precocemente, deve mettersi a pensare al cadavere della madre di un amico. Fino a che, in un crescendo comico che per un maschio è tragico, lei interrompe sul nascere l’atmosfera faticosamente imbastita e lui resta con “l’uccello molle come una medusa spiaccicata sui terribili scogli del destino”. Anche io.

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