Foto LaPresse

Oltre le nozze gay

In America l’ondata di vittorie legali delle unioni omosessuali sta mandando in pensione la guerra culturale sulle nozze, almeno nel suo senso tradizionale. Ora ci spiegano che il matrimonio è solo il migliore algoritmo per gli ingegneri sociali.

New York. In America l’ondata di vittorie legali del matrimonio gay sta mandando in pensione la guerra culturale sulle nozze, almeno nel suo senso tradizionale. La lotta fra sostenitori e oppositori dell’unione fra persone dello stesso sesso sta uscendo dall’ambito, ormai affrancato, dei diritti individuali e dell’uguaglianza, e si fa avanti una nuova battaglia di tenore economico-sociale in favore del matrimonio. Una battaglia perfettamente bipartisan: i suoi campioni non invocano il matrimonio gay oppure etero, civile oppure religioso, non offrono definizioni né un orizzonte di significato, più semplicemente si limitano a notare che il matrimonio, strettamente inteso nella sua dimensione contrattualistica, è come la democrazia di Churchill, la peggiore forma di organizzazione sociale, fatta eccezione per tutte le altre. Un centinaio di intellettuali americani ha articolato in un documento programmatico il ragionamento che sta dietro alla “marriage opportunity”, la lotta per “ridurre tutte le barriere legali, sociali ed economiche” che si frappongono fra gli individui e il matrimonio.

 

I firmatari dell’appello per la “Marriage Opportunity”, questo il nome della nuove battaglia trasversale, sono personaggi del mondo cristiano e secolarizzato, tradizionalisti e aperturisti, progressisti soddisfatti delle recenti vittorie e conservatori in cerca di una nuova identità, afferiscono a grandi think tank come Brookings e a istituzioni centriste come l’Institute for American Values. Tutti concordano non tanto sulle qualità intrinseche dello sposalizio quanto sulla convenienza dell’istituzione per lo sviluppo del paese: “Per le coppie che lo desiderano e per il paese il matrimonio è fondamentale. Il matrimonio genera famiglie e rafforza i legami sociali, produce ricchezza ed è quasi certamente l’istituzione che più promuove la nascita di figli”. Non c’è nulla di meglio delle nozze per ridurre la sperequazione, confermano gli esperti a suon di dati. Viva il matrimonio, dunque, gay o etero che sia, a patto che non faccia riferimento a una visione antropologica, che non si rifaccia al concetto di persona, che non si insinui l’idea che ci si sposa per assecondare la natura umana, ma solo per convenienza. Un matrimonio siffatto non può portare un surplus di significato, figurarsi un alone sacramentale (al limite può essere privato, intimo), è solo il migliore degli algoritmi a disposizione degli ingegneri della società. Il Partito repubblicano, a corto di argomenti, è parecchio affascinato da questa visione efficientista dela famiglia.

 

L’apertura al matrimonio gay, dicono i firmatari, ha scardinato vecchi schemi sociali, permettendo di superare le “culture wars” che hanno fin qui impedito di scorgere la verità fredda, ingegneristica, dell’istituzione matrimoniale, che produce uguaglianza, genera reti sociali e popola la nazione di buoni cittadini. E’ un “accordo che produce ricchezza”, meglio di un corso di educazione civica e di un buon commercialista. Oggi i “valori della famiglia sono una voce inclusiva nel dibattito”, e finalmente ci si può concentrare sulla vera natura del matrimonio, qualla di un ottimo prodotto sociale.

Di più su questi argomenti: