Matteo Salvini e Umberto Bossi (foto LaPresse)

Alleanze variabili

Al nord con la Lega e al sud con gli altri. Nel '94 funzionava, oggi chissà

Maurizio Crippa

Adesso, adesso cosa vuoi, “è come voler creare una nuova Auto del Popolo, e riproporre il Maggiolino. Io l’ho amato, il Maggiolino, ne ho avuti quattro o cinque. Ma adesso sembra di entrare in una garitta, non c’è l’aria condizionata, non lo vorrebbe più nessuno, tranne i nostalgici.

Milano. Adesso, adesso cosa vuoi, “è come voler creare una nuova Auto del Popolo, e riproporre il Maggiolino. Io l’ho amato, il Maggiolino, ne ho avuti quattro o cinque. Ma adesso sembra di entrare in una garitta, non c’è l’aria condizionata, non lo vorrebbe più nessuno, tranne i nostalgici. Non è proponibile”. E “scusa il paragone un po’ così”. I paragoni di Vittorio Feltri non sono mai “così”, perché lui ha sempre avuto il fiuto, o la percezione precisa, di come pensa la gente. Specie il popolo del nord. Feltri oggi non la comprerebbe, una nuova edizione dell’alleanza politicamente asimmetrica e geograficamente separata in casa del 1994, quando Silvio Berlusconi si alleò al nord con la rombante Lega federalista di Umberto Bossi e al sud con la destra nazionale di Gianfranco Fini. Eppure, allora funzionò, e bene. Lui c’era e se lo ricorda. Ma c’erano condizioni precise. “La campagna la feci io, al Giornale, ero arrivato proprio a inizio ’94. Tre mesi di battaglia. La prima cosa era il clima, l’entusiasmo. L’accordo per tenere insieme leghisti e fascisti attorno a un leader nuovo di successo, che aveva inventato un partito, sembrava stravagante. Funzionò perché c’era un’emergenza, e dunque era una strada obbligata. L’elettorato non comunista aveva paura della ‘gioiosa macchina da guerra’, il Pds di Occhetto era un’organizzazione potente. Berlusconi non aveva scelta, doveva allearsi”.

 

Poi ci fu un effetto straniamento, che però divenne un effetto traino, racconta Feltri: “La Dc era morta, l’ex Pci invece era vivo. Forza Italia era un’invenzione quasi pubblicitaria. Qui la Lega era forte davvero, soffiava ‘il vento del nord’. Invece a sud la destra era poco o niente, fu Berlusconi prima a sdoganare Fini e poi a inventare quello schema a tre. Ma quel Berlusconi era rapido di riflessi, lucido, faceva di testa sua. Lo pensò e lo fece, e la gente che lo conosceva come uomo di successo era naturalmente portata a fidarsi di lui”. E Forza Italia non era un vecchio Maggiolino. “Io, devo dire, ero contaminato dal clima, dall’entusiasmo di un’Italia ancora in piena rivoluzione di Tangentopoli, ma anche con addosso la speranza di una rivoluzione liberale e la paura che vincesse la sinistra. In cuor mio, però, non speravo che il Polo vincesse. Dopo il voto titolai ‘Difficile governo del Polo’. E infatti durò lo spazio di un mattino, la Lega si convinse che era meglio non starci”. La stessa tentazione di Salvini oggi, no? “Bossi nel 1996 prese parecchi voti, ma poi? Non sapeva che farsene, non andò da nessuna parte”.

 

[**Video_box_2**]Eppure qualche somiglianza tra la gioiosa macchina asimmetrica del ’94 e il progetto che frulla in testa oggi al Cav. esiste. “C’è meno speranza di cambiamento. Soprattutto l’euro ha perso smalto, la percezione è che ci abbia impoveriti, anche le imprese, gli artigiani. E certi gesti di correre sempre, subito, a baciare la pantofola alla Merkel, Renzi come Mattarella, non sono più sopportati. La somiglianza col 1994, qui al nord, è che la Lega va forte e Salvini piace. Non solo al popolo. L’ho sentito dire anche a tante ‘sciurazze’ della borghesia di Milano: be’, quel Salvini lì è bravo… Poi magari non lo votano, ma l’aria è quella”. Il gioco delle alleanze può riuscire ancora? “Magari a queste elezioni sì, anzi io glielo auguro, ma è la riproposizione un po’ disperata di uno schema vecchio. Come quando vanno male i giornali e i direttori puntano a rifare quello che facevano prima, e invece il pubblico ha cambiato gusti. Forza Italia è un meccanismo non più attraente, Renzi non fa paura a nessuno, Salvini c’è ma la Meloni, che è anche brava, quanto vale?”. Insomma il vuoto si registra a destra. “Berlusconi, cosa vuoi… Ma anche il resto della destra, che fine hanno fatto? E’ la teoria del salamino: una fetta l’ha tagliata via Casini, una l’ha tagliata Fini, un’altra l’ha tagliata Alemanno… e alla fine a Forza Italia gli è rimasto il culetto”. “E scusa per il paragone un po’ così”.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"