Antonio Ledezma

Il golpe immaginario

Luciano Capone

Parla la figlia di Ledezma, sindaco (oppositore) di Caracas arrestato dai chavisti venezuelani.

Milano. “Non è stato arrestato, è stato sequestrato. L’hanno preso come un terrorista, solo che mio padre è l’alcalde mayor di Caracas, eletto dal popolo democraticamente, catturato nei suoi uffici, malmenato e rinchiuso in carcere, senza neppure un mandato di arresto”. Lui è Antonio Ledezma, sindaco di Caracas, la capitale del Venezuela, uno dei leader dell’opposizione al regime chavista di Nicolás Maduro. Il 19 febbraio una decina di agenti del Sebin, i servizi segreti venezuelani, hanno fatto irruzione nel suo ufficio e senza alcun mandato l’hanno incappucciato e portato nel carcere militare di Ramo Verde. Dopo una giornata sono spuntate le accuse, esposte direttamente dall’esecutivo: tentativo di colpo di stato. Con il Foglio parla Vanessa Ledezma, la figlia del sindaco di Caracas: “Lo accusano di aver cospirato contro la pace e la stabilità del governo, di aver preparato un colpo di stato, ma non c’è nessuna prova tranne quelle che costruirà il regime”.

 

La prova regina secondo il governo socialista è l’“Acuerdo nacional para la Transición”, un manifesto per superare la gravissima crisi politica ed economica del Venezuela pubblicato una settimana prima dell’arresto su un giornale e firmato da tre leader dell’opposizione, lo stesso Ledezma, Leopoldo López e Maria Corina Machado. E’ abbastanza improbabile che un golpe venga annunciato a mezzo stampa: “Maduro non ha sopportato che mio padre, Leopoldo López e Maria Corina Machado abbiano pubblicato apertamente un manifesto per un governo di transizione, niente è stato fatto di nascosto”. Ma Ledezma non è l’unico prigioniero politico. López è in carcere da un anno in attesa di processo con l’accusa di terrorismo, Machado è decaduta dal Parlamento, accusata di cospirazione e di voler uccidere Maduro. “Mio padre rischia, nel migliore dei casi, di rimanere in carcere a tempo indeterminato, in condizioni disumane e in attesa di un processo che il regime ritarda sempre. Questo è quello che stanno facendo con Leopoldo López e gli altri prigionieri politici. Ramo Verde è un carcere militare dove notoriamente non si rispettano i diritti umani, dove fanno violenze sui detenuti. Temo per la vita di mio padre”.

 

[**Video_box_2**]Con il crollo del prezzo del petrolio è collassato il sistema economico messo in piedi da Hugo Chávez e la popolarità del governo del successore Maduro è scesa ai minimi storici. A fine anno ci sono le elezioni politiche, la “rivoluzione bolivariana” rischia di perdere e nel 2016 le opposizioni potranno chiedere un referendum per deporre Maduro. Alla crisi politico-economica il regime ha risposto con la repressione: 33 sindaci dell’opposizione su 77 sono sotto processo. In due anni l’erede di Chávez ha denunciato 12 golpe, organizzati dall’opposizione, dagli Stati Uniti, dalla Colombia… mai visti. La situazione è delicata; anche a livello internazionale sono in pochi a sostenere la deriva totalitaria di Maduro: “Abbiamo avuto la solidarietà del popolo venezuelano – dice Vanessa – della comunità internazionale e di tanti leader e capi di stato. Mio padre ha sempre protestato in maniera pacifica e democratica, con scioperi della fame al massimo. Le armi e la violenza sono del regime”.   

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali