Seth Rogen, il co-presidente di Sony Pictures Amy Pascal, il leader della Corea del nord Kim Jong Un, il ceo di Sony Pictures Michael Lynton e James Franco

La saga di "Sony Under Siege": la vera storia dello scandalo delle mail trafugate

Mariarosa Mancuso

Una stanza insonorizzata per le telefonate. L’aveva Louis B. Mayer, boss della Metro Goldwyn-Mayer, negli anni Trenta e Quaranta: vicina all’ufficio, consentiva di spettegolare in pace e di tenere segreti i segreti: stipendi delle star, scandali, film in lavorazione.

Una stanza insonorizzata per le telefonate. L’aveva Louis B. Mayer, boss della Metro Goldwyn-Mayer, negli anni Trenta e Quaranta: vicina all’ufficio, consentiva di spettegolare in pace e di tenere segreti i segreti: stipendi delle star, scandali, film in lavorazione (un po’ di spionaggio industriale lo si trova dappertutto, ed evidentemente negli Usa le intercettazioni erano una cosa seria, non alla portata di qualsiasi collocatore di cimici).

 

La Sony Pictures Entertainment occupa gli stessi edifici dal 2005 (erano nel pacchetto, quando comprarono la Mgm). La stanza insonorizzata per le telefonate da tempo non esisteva più. Amy Pascal, co-presidente dell’intero gruppo e capo della Divisione Film, usava le mail come tutti. Meglio sarebbe stato imitare la privacy d’altri tempi, ritirandosi nello studiolo con le pareti spesse per spettegolare, arrabbiarsi, sparlare dei nemici in santa pace (negli Stati Uniti le intercettazioni restano una cosa seria).

 

Abbiamo saputo della stanza insonorizzata leggendo un articolo sul numero di marzo di Vanity Fair, tutto dedicato a Hollywood come vuole la tradizione. Ne fa parte la fotografia di Annie Leibowitz, dal 1995 a oggi la ventunesima (un tormentone, nel film “Disastro a Hollywood” di Barry Levinson, mostra Robert De Niro che a ogni rovescio di fortuna scivola sempre più lontano dal centro della foto).

 

Scritto da Mark Seal, si intitola “Sony Under Siege”. Adesso sappiamo che non ha un happy ending: Amy Pascal si è dimessa (e negli Stati Uniti le dimissioni sono una cosa seria, non una manfrina in cui poi qualcuno ti chiede di restare, e tu decidi di farlo adducendo la scusa del bene comune). Continuerà a produrre film - sta lavorando a un “Ghostbuster 3” tutto di femmine, sotto di lei la Sony ha vinto 142 Oscar - e troverà sul computer dell’ufficio la scritta: “Abbiamo i suoi dati, segreti e segretissimi. Siamo pronti a farli circolare per il mondo”.

 

[**Video_box_2**]“Oh no!” pare sia stato il commento della signora Sony quando ormai era certezza: gli hacker possedevano le sue mail. Migliaia e migliaia di mail, scritte spedite e dimenticate come facciamo tutti. Fino a che qualcuno ti avverte: guarda che le stanno leggendo tutti. Allora vengono in mente tutte le cose che abbiamo pensato e che non avremmo mai dovuto scrivere. A quel punto la signora Sony pare abbia preso il telefono, senza stanza insonorizzata, e abbia chiamato per scusarsi tutti gli offesi, sperando non fossero ancora andati su internet. Era la vigilia del Giorno del ringraziamento, che al cinema è sempre foriero di litigi. Amy Pascal invece se ne stava tranquilla a casa, con il marito Bernie Weinraub che prima lavorava al New York Times, a infilare le castagne nella pancia del tacchino.

 

Una cosa l’ha imparata, e assieme a lei l’ha imparata tutta Hollywood: le mail si cancellano. Come abbiamo imparato in “Gone Girl” di David Fincher, l’unico discorso a prova di orecchie indiscrete è tra due persone che chiacchierano nude sotto la doccia.

 

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